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giovedì 22 novembre 2007

Un venture capital anche per la letteratura.

http://www.flickr.com/photos/ginamig/1260629464/
(Panorama) È il sogno di tutti gli scrittori. Illustri o meno illustri che siano: trovare un mecenate disposto a finanziare e ad investire sul capitale creativo o umano che c’è dietro ogni libro. Anche a rischio di perdere la scommessa. Usando un termine inglese, molto di moda ai tempi della new economy, nientedimeno che “venture capital“.

E adesso il sogno diventa realtà perché negli Stati Uniti è nato il Literary Ventures Fund da un’idea di Jim Bildner, un ex scrittore con precedenti esperienze proprio nel venture capital. Jim e i suoi uomini si sono trasformati, così, in qualcosa di più che semplici agenti. Piuttosto veri e propri angeli custodi che si occupano di tutte le fasi necessarie per realizzare e mettere sul mercato un libro, considerato, dunque, come un investimento sociale oltre che economico: dai rapporti con le case editrici fino al controllo capillare della distribuzione. Esiste poi addirittura “The writer’s Fund”, un investimento focalizzato non solo su un libro in particolate ma su un autore. È così che è stato lanciato Tom O’Malley e che uno scrittore come Sam Savage con il suo Firmin: Adventures of a Metropolitan Lowlife ha potuto sbancare per mesi Barnes & Noble negli Stati Uniti. Il patto è che se poi il libro o l’autore avranno successo una percentuale ritornerà al fondo di venture capital che potrà così finanziare il sogno di un altro autore.

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