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martedì 6 novembre 2007

Dalla Romania in Italia per cambiare sesso.

Incontro sulla transessualità al Gruppo Abele.

(La Stampa) «Sono venuto in Italia perchè qui c’è la possibilità di fare la transizione di genere e cambiare sesso, in Romania no. Ho venduto casa e tutto quello che avevo e ho intrapreso una strada difficile, ora sono qua, lavoro e sono contento, pur tra mille difficoltà». Non solo persone che sfuggono alla miseria e non solo gente in cerca di un lavoro: dalla Romania arrivano in Italia molte persone discriminate per la loro sessualità. Come Adrian Visan, 38 anni, un ragazzo, che ha intrapreso il percorso per diventare uomo anche sui documenti, e che ha portato la sua testimonianza al convegno che si è svolto oggi, presso il Gruppo Abele di Torino, sulla transessualità e sulle difficoltà di inserimento lavorativo delle persone che cambiano genere.


«Anche se la Romania è entrata nell’Unione Europea - spiega Adrian, in Italia da sette anni, di cui tre trascorsi come irregolare - in quel paese chi si rende visibile e vive alla luce del sole la sua identità sessuale, è un uomo o una donna morta. Prima di venire in Italia ho subito arresti, sono stato in carcere, mi chiedevano di rendere conto sul perchè vivessi in questo modo e mi vestissi da uomo, mi accusavano di avere documenti falsificati o rubati. Non solo i transessuali, ma anche i gay spesso sono oggetto di violenze, picchiati a sangue per il solo motivo di essere omosessuali».
Nemmeno in Italia la situazione è facile, sottolinea Adrian, benchè la legge consenta il cambiamento di genere, a causa delle discriminazioni che ancora esistono e che rendono particolarmente difficile trovare un lavoro.

«Io ci tengo al mio sogno - prosegue - penso a me stesso. Bisogna prima accontentare sè stessi per riuscire ad accontentare gli altri. L’opinione della gente, gli sguardi curiosi, non mi toccano più. Prima - dice ancora - ero in imbarazzo, ora no. Ho iniziato il mio percorso, sono più tranquillo, riesco a mantenermi, a fare la terapia ormonale, e sono a metà del percorso».

Adrian lavora, grazie a una borsa di lavoro, all’interno di un progetto sperimentale. Si occupa di fare manutenzione su materiale ospedaliero, che viene rimesso a posto e inviato nei paesi poveri. «Io ho la testa quadrata. La mia strada l’ho iniziata a 6 anni, quando già c’erano persone che volevano mandarmi in manicomio. Qui in Italia è meglio che in Romania. Non mi aspettavo l’America e non l’ho trovata, ma almeno sono riuscito a fare qualcosa da solo».

Adrian spera che i fatti di Roma e le discussioni sul decreto sicurezza non rendano ancora più arduo un cammino già tormentato pe molti altri motivi: «Mi dispiace tantissimo di quanto è successo, mi spiace anche di non avere la forza di dire tutto quello che potrei dire, ho troppe cose da fare e a cui pensare, ma credo che chi compie gesti di questo tipo vada punito».

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