banda http://blografando.splinder.com

venerdì 5 ottobre 2007

Omosessuali: La verità su Cuba. Intervista a Joel Rodriguez.

Vi riproponiamo alcuni vecchi articoli relativi alla condizione omosessuale nel mondo.

Joel Rodriguez intervistato da Alessandro Di Tizio per Giornali Radicali.
(Martedì 20 febbraio 2007) In Italia si è saputo ben poco dell’assemblea organizzata dagli oppositori del regime di Fidel Castro il 20 maggio a L’Avana, ma l’evento è di portata storica: è dal 1952 che a Cuba non ci si può riunire per discutere liberamente di politica, e la breccia aperta nel muro della dittatura, per quanto piccola, rappresenta una vittoria. Anche la scelta della data non è casuale: il 20 maggio è il giorno in cui, nel 1902, nacque la Repubblica Cubana, il cui carattere democratico sarebbe poi stato costantemente negato nel corso del secolo.

Per costringere Castro a non sopprimere l’iniziativa, gli organizzatori Martha Beatriz Roque Cabello, Felix Bouné Carcasses e René Gomez (tutti reduci dalle prigioni dell’isola per reati di opinione politica) hanno pensato bene di invitare come osservatori esponenti del Parlamento Europeo e di tutto il mondo, pubblicizzando l’evento. Il lìder maximo non ha permesso l’ingresso degli stranieri, ma l’idea è servita comunque a creare attenzione attorno all’assemblea, impedendo a Castro di reagire in modo repressivo, pena la condanna della comunità internazionale.

La disattenzione di nostri mezzi d’informazione delude, ma non stupisce, se si pensa che nel Paese viene continuamente propagandata un’immagine dell’isola del tutto inverosimile e che solo l’arresto e l’espulsione di un giornalista del «Corriere della Sera» da Cuba hanno risvegliato un po’ di attenzione (senza tuttavia suscitare l’indignazione e le forti risposte che il caso avrebbe meritato) sull’Assemblea, nonostante un eterogeneo gruppo di parlamentari avesse apertamente appoggiato l’iniziativa dei dissidenti.

Quali sono le strade da percorrere perché Cuba sia libera, e qual è il ruolo della comunità internazionale e del nostro Paese nella battaglia contro il regime di Castro? Ne parliamo con Joel Rodriguez, esule cubano in Italia e portavoce dell’Unione per le Libertà a Cuba, l’unica associazione italiana che si occupa dei diritti umani a Cuba.

Perché e quando hai abbandonato Cuba?

A Cuba la mia famiglia è sempre stata considerata controrivoluzionaria per il fatto di essere cattolica; oggi non mi definisco “ateo”, ma non posso dire neppure di essere un amante della Chiesa, perché mi sento tradito. Comunque, la mia storia personale inizia a essere difficile sin da bambino, proprio per il fatto di essere cattolico.

Sono scappato da Cuba nel ’96, a 23 anni, dopo aver avuto problemi politici, essendo stato anche arrestato diverse volte, per aver partecipato a riunioni di giovani cattolici, per aver fatto attività politiche, per aver parlato male del regime, per aver urlato contro e per aver amplificato Radio Martì, un’emittente che trasmette da Miami per Cuba; tuttavia non ho mai fatto parte di un’organizzazione vera e propria finché ero lì perché all’epoca ce n’erano poche ed erano tutte controllate dal regime.

Oggi sono in Italia come rifugiato politico, e appartengo all’Unione per le Libertà a Cuba, di cui sono portavoce, un gruppo di rifugiati politici cubani nel Paese.

Come valuti la manifestazione del 20 maggio?

Per noi è stato un grande trionfo, una vittoria: è la prima volta che si fa una assemblea di questo tipo a Cuba, è la prima volta che i cubani possono riunirsi, anche se assediati dalla polizia, per manifestare il proprio pensiero e soprattutto per dire, come viene affermato nel documento conclusivo stilato dall’Assemblea, che a Cuba c’è bisogno di un cambiamento assoluto e radicale contro quello che è stato definito, senza mezzi termini, un regime stalinista, antidemocratico e totalitario. È questa l’unica strada da percorrere perché Cuba possa essere libera.

È stato un trionfo perché abbiamo avuto molta solidarietà a livello politico e molto spazio (non Italia, purtroppo) a livello di stampa e informazione internazionale; è stato un grande trionfo contro il regime di Fidel Castro.

Un trionfo che Castro ha tentato di limitare mettendo il silenziatore alla manifestazione, impedendo la partecipazione di ospiti in arrivo dal Parlamento Europeo e arrestando o espellendo i giornalisti stranieri…

In realtà l’espulsione di giornalisti si è rivelata utile, perché così il mondo, soprattutto il mondo europeo più benevolo con il regime, ha avuto modo di rendersi conto di quale sia la vera situazione a Cuba. Qui non stiamo parlando solo di libertà di stampa, ma anche di libertà di movimento!

Da rifugiato politico, come vivi l’affetto che parte dell’Europa e alcuni partiti della sinistra estrema in Italia dimostrano verso la Cuba di Castro?

Mi sento tradito, insultato. L’Europa nel 2003 aveva cominciato a prendere la posizione giusta, finché non ha cambiato strada nuovamente, riaprendo il dialogo con Castro e tradendo ancora il sostegno di cui hanno bisogno i prigionieri politici.

In Europa non c’è mai stato un dibattito serio su quello che succede a Cuba; non c’è solo la questione dei politici europei di sinistra che difendono Castro, c’è anche un discorso economico, cui l’Europa non sembra disposta a rinunciare. L’Europa è infatti il primo investitore dentro l’isola, è al primo posto tra quelli che fanno affari con il regime.

Per cambiare la situazione dell’isola è necessario l’appoggio del mondo “libero”?

Certo; quando sento dire che l’embargo non funziona (o non ha funzionato), chiedo a chi la pensa così di andare a vedere cos’è successo in Sudafrica, dove un governo razzista ha subito un embargo mondiale, di cui nessuno si è lamentato, ed è stato sconfitto. Lì ha funzionato. Perché non fare lo stesso con Castro? Perché l’Europa non ci pensa?

Pensi che da noi arrivi un’informazione corretta sulla realtà cubana?

Mi viene da ridere quando sento che in Italia è Berlusconi che controlla l’informazione! Su Cuba l’informazione che si dà è quella che vuole la sinistra! Non c’è una vera informazione su Cuba, non si dice quello che succede davvero! La situazione è differente, ad esempio, in Spagna, dove i telegiornali raccontano quel che succede a Cuba, anche quando si tratta di un arresto apparentemente poco significante.

Se in Italia succede questo è perché la sinistra ha un problema: i rappresentanti della sinistra moderata, parlo dei Ds ecc., non vogliono che si parli di Cuba né bene né male, devono tenere l’argomento nascosto per non discuterne, per non dire veramente come la pensano. Sanno che nel momento in cui si dovesse affrontare il tema ci potrebbe essere una rottura interna alla coalizione, perché una parte di essa difende Castro senza “se” e senza “ma” e una parte lo condanna.

Partendo anche dalla recente esperienza ucraina, possiamo affermare che l’informazione ha un ruolo centrale, basilare nel passaggio dalla dittatura alla democrazia?

Una cosa è certa: l’Europa spende tanti soldi aiutando i dittatori – tra cui Fidel Castro. Questi soldi si potrebbero utilizzare tranquillamente per creare una radio che dia informazione al popolo cubano, un po’ come facevano Radio Londra prima e Voice of America poi, o come fa Radio Martì. Sarebbe importantissimo creare una radio per aiutare i cubani a informarsi, perché secondo me c’è solo bisogno di informazione, e il popolo cubano è totalmente disinformato.

Un aspetto che in Italia è poco chiaro della dissidenza cubana è il suo essere divisa in diverse organizzazioni, alcune delle quali non hanno partecipato alla manifestazione del 20 maggio. Alcuni dissidenti hanno criticato la manifestazione, ritenendo che fosse appoggiata economicamente dagli Stati Uniti – cosa che, se vera, non scalfirebbe in realtà la validità dell’iniziativa. Cosa puoi dirci in proposito?

Non c’è stato nessun aiuto americano. Se si va sul sito dell’Assemblea www.asambleasociedadcivilcuba.info si può vedere da dove provengono i soldi e sapere chi ha contribuito economicamente alla manifestazione: sono persone in esilio che hanno avuto fortuna, che hanno fatto soldi e ne hanno donati per rendere possibile l’assemblea.

Al di là di questo, è vero che ci sono organizzazioni che non hanno partecipato, i cui membri hanno parenti in prigione e sono stati minacciati dal regime: non tutti hanno il coraggio di manifestare. Non ha partecipato Manuel Cuesta Morùa, un altro dissidente, perché ha idee diverse da quelle degli organizzatori dell’Assemblea: propone che a Cuba ci sia un cambiamento attraverso il miglioramento del sistema attuale, cioè lasciando Fidel Castro a comandare; non si è capito bene come dovrebbe avvenire tale miglioramento, però. C’è poi Oswaldo Payà, del Movimento Cristiano della Liberazione, che vuole un cambiamento con la stessa costituzione comunista creata da Fidel Castro; Payà accusa quelli che hanno organizzato l’Assemblea di essere dei poliziotti della dittatura e dice di avere le prove, però non le ha mostrate! Tra l’altro, la posizione di Payà non è del tutto chiara, perché quando parla pubblicamente anche fuori da Cuba si scaglia contro l’embargo, contro gli americani, contro l’esilio cubano a Miami: i suoi temi sono gli stessi della dittatura!

Invece chi ha organizzato la manifestazione del 20 maggio ritiene indispensabile un cambio di regime, l’uscita di scena di Fidel Castro?

Sì, la proposta lanciata dall’assemblea è che si faccia un plebiscito in cui il popolo possa decidere e che si cambi realmente la situazione a Cuba, non partendo dalla Costituzione attuale, che è illegale perché l’ha creata Castro senza essere mai stato eletto, ma partendo da una nuova Costituzione, o magari ripartendo da quella del ’40; è stata anche sottolineata la necessità di tornare a tradizioni democratiche: pluralismo per partiti politici, programmi, candidati e ideologie.

Cuba è per molti un luogo simbolico, dal profondo significato culturale; personaggi come Gianni Minà individuano in essa una sorta di paradiso, al tempo stesso una realizzazione del comunismo e la roccaforte dell’antiamericanismo; un mondo ben diverso da quello che emerge parlando con te…

Minà ci parla di questa Cuba paradisiaca, ma non dice che a Cuba non ci sono i sindacati, parla di questa Cuba bellissima, di spiagge, sole, mare, di un rivoluzione fantastica, ma non ha mai parlato dei prigionieri politici; Minà è il grande persecutore di Pinochet, ma ai suoi occhi Castro non è un dittatore, nonostante sia al potere da 46 anni! Questo fa un po’ crollare la sua credibilità …

I difensori di Castro si sono creati un mondo di fantasia, e se possono permettersi di raccontarlo è perché non c’è la possibilità per gli italiani che vanno a Cuba di vedere le reali condizioni in cui si vive sull’isola; cosa si vede di Cuba? Villaggi, sigari, donne, rhum.

Un italiano una volta mi diceva in una discussione politica: “Cuba ha un popolo felice”; sì, è vero, cantano e ballano, peccato però che l’isola abbia il più alto tasso di suicidi dell’emisfero, e questo deve far pensare! A Cuba ci sono in media più suicidi che negli Stati Uniti. Quindi è vero, cantano e ballano, ma si suicidano anche! Cantano e ballano, ma rischiano la vita per scappare da Cuba e andare negli Stati Uniti!

In difesa della Cuba di Castro si parla spesso di un Paese che garantisce un elevato livello di istruzione…

Sanno leggere e scrivere, ma a che serve se non puoi leggere e scrivere quello che vuoi?

Ho sempre desiderato partecipare a un dibattito con Gianni Minà, che difende Castro lodando l’educazione e la sanità a Cuba, per parlare della questione in termini reali, cioè di malasanità e di un’educazione che è più che altro un indottrinamento politico.

È difficile per chi difende Cuba non cadere in contraddizione: penso, ad esempio, all’evidente contrasto tra la difesa della politica di Castro e le battaglie per i diritti degli omosessuali. Perché non si parla mai della persecuzione degli omosessuali a Cuba?

Cuba si dichiara aperta agli omosessuali, e quando è andata sull’isola una delegazione dell’Arcigay le è stato mostrato il paradiso gay; ma il regime mostra ciò che vuole agli stranieri: dopo che la delegazione è tornata in Italia, Castro ha iniziato a far incarcerare i travestiti. Di questo, però, nessuno ha parlato: né l’Arcigay, né Grillini, e nessuno ha manifestato contro, nessuno è andato a Roma sotto l’ambasciata cubana a protestare contro questa persecuzione, perché? Io ho segnalato a Grillini e agli altri questa situazione, sollecitandoli a fare qualcosa, a manifestare, ma nessuno ha risposto.

Cosa vorresti dire in conclusione?

È fondamentale far sapere in Italia cosa succede realmente a Cuba, ma anche ai cubani cosa succede nel mondo. Alcuni giovani di Alleanza Nazionale e il Partito Radicale hanno fatto delle campagne, hanno inviato dei libri a Cuba, hanno distribuito materiale negli aeroporti per informare i giovani cubani su una realtà diversa. È questo il lavoro che bisogna fare, informare! E soprattutto, portare aiuto e solidarietà ai dissidenti e ai parenti dei prigionieri politici.






Sphere: Related Content

Nessun commento: