banda http://blografando.splinder.com

venerdì 5 ottobre 2007

Quel male oscuro del Duce: quando Mussolini rischiò di morire.

Esce in libreria “Quando Mussolini rischiò di morire” di Paolo Cacace. Rievoca con documenti inediti una malattia quasi fatale del capo del fascismo. Ne pubblichiamo un brano.

(Paolo Cacace- Il Messaggero) La crisi scoppia improvvisa e violenta nella tarda serata del 15 febbraio 1925. Benito Mussolini si trova nell’appartamento di via Rasella alle spalle di via del Tritone, che occupa dall’anno precedente. Sono le undici passate e sta leggendo i giornali nella stanza da letto dove riceve le sue amanti, prima fra tutte Margherita Sarfatti. In verità, è una camera poco accogliente, piuttosto inquietante, con le pareti in tessuto rosso e una moquette rossa sul pavimento. In un angolo c’è un inginocchiatoio pieno di medagliette e di immagini religiose: oggetti sacri che Mussolini ha ricevuto in regalo dalle donne del popolo e di cui, essendo superstizioso, non si è disfatto.

Nel salotto ci sono un pianoforte, un divano e un tavolo dove sono riposti due o tre violini che talvolta si diletta suonare. Su una parete, campeggia un’enorme aquila reale imbalsamata, con le ali distese. Era stata catturata nel cielo di Udine durante un raduno fascista e donata al duce da Italo Balbo e da altri gerarchi. Non c’è la cucina. Quindi i pasti sono preparati dal cuoco del barone Alberto Fassini Camossi, il padrone di casa.

Racconta Paolo Monelli che in tutto l’appartamento «si sentiva sempre un grande odore di cattive acque di colonia che Mussolini usava spesso come surrogato di lavacri che non aveva il tempo o il gusto di fare». Ma c’è di peggio. Chi frequenta abitualmente quell’appartamento resta colpito dal cattivo odore che proviene dalla moquette. E la ragione è facilmente spiegata. Nel salotto di via Rasella, per molti mesi, è ospite anche un leoncino: sì, un cucciolo di leone, con la sua cuccia, donato a Mussolini dal proprietario di un circo. La bestiola, chiamata Italia, gira liberamente nell’appartamento e per i bisogni predilige proprio la moquette. ”Italia” non è l’unica ospite dell’appartamento. In tempi successivi approdano anche un gatto d’angora, chiamato Pippo e una gabbietta con uccellini esotici, i quali però avranno vita breve. (...) Soltanto quando la leonessa diventerà inavvicinabile e pericolosa, Mussolini si convincerà a trasferirla allo zoo di villa Borghese.(...)

Insomma, è molto poco ”presidenziale” l’ambiente dove in quella sera di febbraio si palesa repentino il malore che rischia di essergli fatale. L’ulcera duodenale, di cui soffre da tempo, gli provoca un fortissimo collasso. Vomita sangue su un divano e perde i sensi. I primi soccorsi vengono prestati dalla governante Cesira Carocci. E’ una donna umbra (è nata a Gubbio) di mezza età, con i capelli raccolti dietro la testa. Alta e magra, energica ed efficiente. E’ stata Margherita a procurarla a Mussolini perché controllasse le sue avventure galanti. Cesira non si limitava ad informare la Sarfatti, ma in qualche modo disciplinava il traffico delle frequenti visite muliebri a via Rasella. (...)

Quella sera, Cesira cerca di sollevare Mussolini e distenderlo sul letto. Ma non ce la fa. Impreca e telefona subito al segretario particolare del duce, Alessandro Chiavolini: «Correte, il Presidente sta morendo!». Nel giro di pochi minuti accorrono a Palazzo Tittoni numerosi specialisti. Sono quasi tutti in frac poiché sono stati prelevati d’urgenza con un’auto governativa mentre partecipano a una festa di gala. In quella tenuta trasportano il malato sul letto. Ci sono anzitutto i fratelli Giuseppe e Raffaele Bastianelli, ci sono il dottor Vittorio Puccinelli e suo fratello Angelo, il professor Ettore Marchiafava, il cardiologo professor Sebastiani. sono tutti luminari nei rispettivi campi (...).

Mussolini stenta a riprendere conoscenza, ma per fortuna i conati di vomito si interrompono. Si valuta la possibilità di trasferire d’urgenza il degente in una clinica privata o in un ospedale. Si preferisce, però, attendere per evitare la diffusione di notizie incontrollate. Alle quattro del mattino, la fase critica può essere considerata superata, l’emorragia si è fermata, anche se le condizioni del malato sono sempre molto gravi (...)

Il giorno successivo la situazione sembra di nuovo precipitare (...) I medici restano mobilitati ventiquattro ore su ventiquattro. E’ evidente che a provocare il duplice collasso è stato anche il terribile stress cui è stato sottoposto dopo il delitto Matteotti e in particolare negli ultimi giorni dell’anno quando sembrava sul punto di soccombore con la pubblicazione del memoriale di Cesare Rossi. Cominciano le discussioni sull’opportunità di un intervento allo stomaco per rimuovere l’ulcera (...) Anche il ministro dell’Interno Luigi Federzoni segue minuto per minuto l’evoluzione della malattia. Scrive al professor Bastianelli proponendogli un consulto con il professor Bellom Pescarolo, eminente chirurgo, antesignano nello studio e nella cura dei tumori maligni. Il giorno successivo il consulto ha luogo, ma non vi sarà alcuna decisione operativa. Mussolini non è pregiudizialmente contrario all’intervento chirurgico ma vuole prendere tempo(...) Teme i contraccolpi politici della sua assenza poiché, dopo la svolta provocata dal discorso del 3 gennaio 1925, la situazione è ancora fluida (...).







Sphere: Related Content

Nessun commento: