Opere permanenti e quadri dall´estero per la mostra omaggio curata da Nicola Spinosa. Accostamento riuscito fra De Chirico e Carrà con fra´ Pacioli tra ´400 e ´500. Aperta fino al 20 gennaio si punta sui buoni rapporti con i musei internazionali.
Saliamo al secondo piano, alle collezioni borboniche. Un grande smalto su tela di Mario Schifano, "Fantasia del paziente naturale" ha di fronte opere del cinquecentesco Cristoforo Scacco. La "Rotazione di una ballerina e pappagalli" di Depero, il "Cavallo + cavaliere + caseggiato" di Boccioni e la "Bambina che corre sul balcone" di Balla sono disseminate accanto all´"Onda d´urto" di Mario Merz e alla installazione di Paladino, una macchia di colore nella riposante uniformità del mezzanino di Capodimonte dedicato all´arte contemporanea. Dove peraltro al Cretto nero di Burri è stato affiancato il "Senza titolo (Cavalletto)" di Pino Pascali: il Cretto è più giovane di dieci anni, la vicinanza sembra voler sottolineare le diversità tra l´arte anche a breve termine.
Potremmo elencare ancora. Preferiamo invitare il visitatore di "Omaggio a Capodimonte", più festa che mostra per i 50 anni dell´apertura del museo al pubblico, a cercare meno l´"epifania" dell´arte, la trovata, l´accostamento per libera associazione o per ragioni forti o deboli che siano. Forse riuscirà anche difficile, come invece avrebbero fortemente voluto gli organizzatori, far cadere l´occhio più a lungo sulle tante opere in collezione permanente. Quando c´è una festa - e di festa parla il soprintendente Spinosa nella sua introduzione al catalogo - l´attenzione si posa più sugli ospiti che sui padroni di casa. C´è qualche accostamento riuscito: la geometria novecentesca di De Chirico e Carrà e quella dell´inventore della "partita doppia" dei ragionieri, fra´ Pacioli, tra Quattro e Cinquecento. E nella sala di Lorrain (la numero 29 al primo piano) ci starebbe bene in forma permanente un Turner come quello prestato dalla National Gallery di Londra, "La prima stella della sera", con la luce bianca di stella ottenuta "a punta di coltello" che nelle foto dell´opera non si coglie mai e che qui fa quanto mai bene vedere da vicino. Non si potrà fare a meno di cogliere presenze di riguardo, come "Betuel accoglie il servo d´Abramo" di François Boucher venuto da Strasburgo, il Concerto di giovani di Caravaggio dal Metropolitan di New York, la "Donna con lo specchio" di Casorati, tutta viola, neanche sapesse la moda di questa stagione; il piccolo quadro della "Campagna romana con l´acquedotto Claudio" di Corot, e l´altro anche piccolo (e di straordinaria luminosità) di Goya con Tobia e l´angelo, La lavapentole di Watteau, che dallo scintillio delle feste di corte passa a scavare con la stessa straordinaria mano e occhio in un ambiente povero e triste come quello delle opere che le stanno vicine, inquiline fisse della Sala 106 di Capodimonte: la Rissa e le scene di genere di Traversi. E poi le tre donne di Picasso (Donna di Majorca, Ritratto di Olga Khokhlova e Ritratto di Olga con il collo di pelliccia), i due Poussin da Vienna e da Berlino, la Betsabea di Rembrandt dal Louvre, i tre Rubens, specialmente il "Gio. Carlo Doria a cavallo" scoperto da Roberto Longhi negli anni Trenta, che torna dopo un giro strabiliante con una tappa persino in casa Hitler e poi a Napoli, che deve restituirlo a Genova definitivamente nel 1988. Qui si punta sui buoni rapporti con i musei: Spinosa ne vanta parecchi, anche con istituzioni non disponibili ai prestiti. Ci sono altri quadri con nessi napoletani, e quelli ci stanno benissimo, come i Degas dipinti qui. Dimenticare scuole, generi, tecniche. Esprimere preferenze. In piena libertà. Abituarsi a vedere Rauschenberg e farci l´occhio come per Caravaggio, questo sembra suggerire Spinosa. Anche questo fa tanto bene all´arte.Sphere: Related Content
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