Giunge intanto da Human Rights la conferma di quanto dichiarato a Panorama.it da Cecilia Brighi, referente dell’opposizione birmana in esilio: gli uomini del regime, non solo fanno ampio ricorso ai lavori forzati e reprimono sistematicamente le etnie al confine con la Thailandia, ma obbligano anche i bambini al di sotto dei dieci anni a indossare la divisa dell’esercito (leggi il rapporto) a causa del “continuo ampliamento delle forze armate, l’elevato tasso di diserzione e la mancanza di volontari”. Per ogni recluta, i militari e i mediatori civili ricevono pagamenti in contanti. Un sistema marcio fin nelle fondamenta dove ogni leva economica del Paese (grande produttore di tek e preziosi) è in mano ai generali e ai loro uomini. Per evitare una nuova svolta repressiva, di fronte al timido riaffacciarsi della protesta, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Birmania, Ibrahim Gambari, ha intanto fatto sapere che si recherà per la seconda volta in Birmania a partire dal prossimo fine settimana, dal 3 all’8 novembre.
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1 commento:
Ho citato il vostro articolo in un post sulla birmania. Spezziamo la cortina del silenzio! Writer. http://blog.libero.it/AltreLatitudini/3515484.html
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