Campagne. Una risposta a Longo sui manifesti della Regione Toscana. La differenza fisica maschio-femmina non conta, perché nella prima fase della vita la sessualità è indifferenziata. È pericolosa l'idea che «omosessuali si nasce». Crea un vulnus identitario per chi vuole portare a maturità democratica la parità.
(Livia Profeti - Il Riformista) Nel suo intervento su il Riformista di sabato scorso, Francesco Longo ha criticato le modalità della campagna lanciata dalla Regione Toscana contro la discriminazione dell'omosessualità. Secondo Longo l'immagine utilizzata, quella di un neonato che porta al polso un braccialetto con la scritta «homosexuel», «racconta la storia di una separazione, di una differenza irriducibile tra gli esseri umani, quelli che nascono eterosessuali e quelli che nascono omosessuali (…) Mentre il manifesto lavora per affermare che non bisogna nutrire diffidenza o distacco (…) è all'opera qualcosa che perverte e dissolve il messaggio stesso (…) Nasciamo separati. Siamo stirpi diverse».
Proprio a sostengo degli obiettivi della campagna quindi, la sua critica è indirizzata a mostrare il possibile vulnus all'idea di uguaglianza tra esseri umani dell'argomento «omosessuali si nasce».
Concordo pienamente con Longo, e ritengo che il suo intervento sia rilevante e opportuno - a prescindere da qualsiasi opinione sull'origine dell'omosessualità - anche per le riflessioni che fa sorgere circa la difficoltà del pensiero democratico del III millennio ad affrontare la sfida di far coesistere uguaglianza e diversità. L'era della globalizzazione mostra che un argomento centrale di ricerca per la democrazia post-moderna sia il dato di fatto che l'uguaglianza tra esseri umani è altrettanto incontestabile quanto la loro diversità, che in più assume oggi forme prima impensabili. Anche se volessimo limitarci al solo pluralismo delle identità di appartenenza, la diversità si mostra sempre più come una sorta di legge nascosta dei rapporti interumani, la più difficile ma anche la più feconda, come la storia dell'umanità insegna.
Ma essa non è stata ancora pensata a fondo dal pensiero democratico ispirato nella modernità all'umanesimo illuminista, che come è stato più volte notato era volto a costruire una società di uguali tesa ad annullare le differenze tra le varie razze o culture, con l'intenzione sottesa di costruire un mondo «sicuro», razionalmente prevedibile. Una tendenza che si è rafforzata con la concezione marxista di animal laborans, che identificando il lavoro con la vita biologica stessa ha proposto l'immagine di uomini identici tra loro (Simona Forti, Il doppio volto di Marx ).
Queste concezioni, per quanto necessarie e fondamentali nelle loro epoche, si mostrano attualmente insufficienti a fondare inequivocabilmente l'uguaglianza tra esseri umani. Per rimanere alle loro carenze più evidenti basti citare che da entrambe sono infatti esclusi i bambini che non hanno ancora raggiunto razionalità, linguaggio e potenza muscolare, mentre in base alla sola biologia il genere umano risulta diviso perlomeno in due: maschi e femmine, originariamente fisicamente diversi. L'incertezza aperta dagli scenari attuali rende quindi necessario estendere la ricerca dell'uguaglianza su un terreno più ampio, che giustifichi le diversità senza negare razionalità, linguaggio verbale e biologia specifica, essendo queste, indubitabilmente, caratteristiche umane.
Questo ambito è proprio quello richiamato dall'immagine della campagna della Regione Toscana: quel primo momento dell'esistenza umana escluso dalle due grandi concezioni citate, limitate ai soli aspetti di coscienza e comportamento. Si tratta di una strada che diviene percorribile prendendo in considerazione che sia il pensiero, e non la ragione, ciò che è realmente comune a tutti gli esseri umani sin dall'inizio della loro vita. Pensiero umano che nelle sue manifestazioni non verbali procede per creazione di immagini, che insorge alla nascita per virtù della nostra biologia e che solo molti mesi dopo si trasformerà in coscienza e linguaggio.
Ai fini di questa «capacità di immaginare» non cosciente la differenza fisica maschio-femmina non conta, perché se contasse l'uguaglianza rimarrebbe una chimera per sempre, come giustamente Longo ha sottolineato. E non perché la sessualità non sia importante nello sviluppo dell'identità umana, ma perché nella prima fase della nostra vita è indifferenziata, nel senso che non ha nulla a che vedere con i genitali ma piuttosto con una sensibilità diffusa e comune che risponde ad un'esigenza psichica fondamentale. Solo successivamente la differenza maschio-femmina svolgerà il suo ruolo proficuo, in particolare alla pubertà, quando l'insorgenza del desiderio pienamente sessuale sarà la chiave di volta per sostenere una contraddizione per certi versi irrisolvibile: quella del rapporto con un essere umano uguale a me ma anche diverso da me.
Contraddizione che ad altri livelli si ritrova in tutti i tipi di diversità umana, verso la quale curiosità ed esigenza di conoscenza, analogamente, possono consentire il rapporto evitando la violenza; quella violenza che al contrario insorge se tale diversità è percepita come una minaccia invece di essere vista per quello che è: l'opportunità di un fecondo rapporto tra diversi che sono anche, e insopprimibilmente, esseri umani uguali.
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