(Vera Montanari - Grazia) Conosco, come tutti immagino, un certo numero di omosessuali. Con molti di loro ho rapporti di amicizia, stima, affetto. Il che, ovviamente, non costituisce una notizia, perché conosco e frequento anche molti eterosessuali e probabilmente parecchi bisessuali, magari non dichiarati… Tutto questo per dire che mi sembra molto strano valutare le persone a partire dalle preferenze sessuali. In Toscana invece sono convinti che la discriminazione sessuale sia una vera emergenza e hanno pensato di aggredirla con una campagna molto provocatoria (l’ennesima, che noia) che ha come protagonista un neonato con una fascetta al polso che, invece che il nome, riporta la scritta “omosessuale”. Quel bambino, “etichettato” fin dalla nascita, mi sembra il modo più sbagliato per combattere qualsiasi forma di “razzismo”, proprio perché sancisce una razza. In sostanza dice, ed è una dichiarazione pericolosa, che nessuna comunità scientifica si è mai sognata di avallare, che omosessuali si nasce. A me pare che il vero atto discriminatorio sia etichettare quel bambino, senza lasciargli la possibilità di scegliere, di decidere: e il libero arbitrio dove è finito? Provate a immaginare per un attimo di prendere alla lettera la proposta: sugli altri braccialetti cosa dovremmo scrivere, eterosessuale, asessuato, maniacale…? Lavorare per una cultura della tolleranza è ovviamente giusto e corretto, ma modi, toni e contenuti non sono indifferenti. Date un’occhiata in giro: non c’è film, fiction tv, romanzo o mostra d’arte che non faccia bella mostra del suo gay (single o, meglio, in coppia). Il conformismo, molto banale e un po’ inutile, del politicamente corretto è diventato una moda, un’epidemia. Kathleen Rowling, la “mamma” di Harry Potter, ha pensato bene di “svelare” che Albus Silente, il preside della famosa scuola di magia, è gay. Che senso ha, così, a posteriori? Due giorni dopo, Daniel Radcliffe, la faccia del maghetto sul grande schermo, annuncia: «Mi piacerebbe tanto interpretare un ruolo gay». Ti pareva…
E intanto si scopre che un testo adottato nelle scuole elementari inglesi ha deciso di dare il proprio contributo, reinterpretando in chiave più “corretta” le fiabe classiche: tanto per intenderci, il principe, alla fine della storia, non sposa affatto la principessa, perché preferisce sposarsi con un altro principe… No, vi prego, le fiabe no! Stop all’ideologia: lo chiedo a nome della generazione cresciuta con le storie “dalla parte delle bambine”…
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