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mercoledì 31 ottobre 2007

Birmania: i monaci non si fermano, il regime arruola bambini soldato.


(Panorama) Hanno ricominciato dalla città da cui più di un mese fa era partita la protesta, Pakkoku, 600 chilometri a nord ovest di Rangoon, l’ex capitale della Birmania. Sono scesi in piazza timidamente, senza scandire slogan contro la Giunta, ma solo pregando e cantando, per non fornire al regime il pretesto di una nuova repressione. Erano duecento, vestiti con il tradizionale abito color zafferano, e hanno dato vita a una “marcia di preghiera” che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe incoraggiare i dissidenti a uscire nuovamente dalle case dopo la svolta repressiva di fine ottobre. Trenta minuti di sfilata, e poi tutti di nuovo nei monasteri per evitare un nuovo bagno di sangue. I soldati, per una volta, sono stati a guardare o forse gli uomini della Giunta sono stati presi in contropiede. Il regime militare, intanto, ha rilasciato sette oppositori politici, fra cui alcuni membri della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito della dissidente Nobel per la Pace Aung san Suu Kyi, arrestati durante la repressione delle manifestazioni di protesta di settembre. Lo rendono noto i familiari di uno degli oppositori liberati.

Giunge intanto da Human Rights la conferma di quanto dichiarato a Panorama.it da Cecilia Brighi, referente dell’opposizione birmana in esilio: gli uomini del regime, non solo fanno ampio ricorso ai lavori forzati e reprimono sistematicamente le etnie al confine con la Thailandia, ma obbligano anche i bambini al di sotto dei dieci anni a indossare la divisa dell’esercito (leggi il rapporto) a causa del “continuo ampliamento delle forze armate, l’elevato tasso di diserzione e la mancanza di volontari”. Per ogni recluta, i militari e i mediatori civili ricevono pagamenti in contanti. Un sistema marcio fin nelle fondamenta dove ogni leva economica del Paese (grande produttore di tek e preziosi) è in mano ai generali e ai loro uomini. Per evitare una nuova svolta repressiva, di fronte al timido riaffacciarsi della protesta, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Birmania, Ibrahim Gambari, ha intanto fatto sapere che si recherà per la seconda volta in Birmania a partire dal prossimo fine settimana, dal 3 all’8 novembre.

VIDEO: Inside Myanmar: The Crackdown - 10 Oct 07 - Part 1 - AlJazeeraEnglish

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho citato il vostro articolo in un post sulla birmania. Spezziamo la cortina del silenzio! Writer. http://blog.libero.it/AltreLatitudini/3515484.html