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mercoledì 31 ottobre 2007

Andrea Benedino, GayLeft, scrive al Corriere.

(Il Corriere della Sera) C’è davvero da restare amareggiati a leggere dell’amarezza della senatrice Binetti per il pacato intervento del sen. Ignazio Marino all’Assemblea Costituente del PD. Che avrebbe detto mai Ignazio Marino di così scandaloso da amareggiare oltremodo la senatrice? Si è limitato a chiedere che il PD sciolga finalmente i nodi relativi ai diritti civili, alle convivenze e al testamento biologico e che su questi temi finalmente il nuovo partito trovi il modo di decidere. Non mi sembra nulla di eversivo, né di così allarmante. Tanto più alla vigilia della discussione in Senato sui CUS. Tanto più che quelle parole interpretavano correttamente i sentimenti di una vasta parte della platea dei delegati, ormai convinti che in una società moderna non possa più esistere una gerarchia di diritti che veda al primo posto i diritti sociali e in posizione secondaria quelli civili. Appartengo alla schiera di coloro che si sono impegnati nel PD proprio perché convinto che il nuovo partito ci aiuterà ad abbattere quegli steccati ideologici tra laici e cattolici che hanno impedito alla politica italiana di trovare un punto di intesa su temi così importanti. E mi accingo a partecipare alla Commissione che elaborerà il Manifesto dei Valori del nuovo partito con la volontà di perseguire la massima apertura al dialogo con chi è portatore di idee diverse dalle mie, ma con analoga determinazione ad ottenere rispetto per i miei valori di laico. E vedere agitare dalla senatrice Binetti ipotetici diritti di veto, oppure i soliti attendismi o benaltrismi provoca in me e in tanti come me un disagio ben superiore a quello provato dalla senatrice Binetti nell’ascoltare le parole del sen. Marino. Perché sarebbe la dimostrazione che analoga volontà di dialogo e confronto non c’è da parte di Paola Binetti e di chi la pensa come lei e che il nuovo partito altro non sarebbe che uno strumento inutile. Andrea Benedino

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