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sabato 15 dicembre 2007

L'articolo del New York Times sull'Italia. In italiano.

Con la tremarella, l’Italia canta un Aria di delusione
tradotto da “In a Funk, Italy Sings an Aria of Disappointment”,
New York Times, 13 Dicembre 2007, a cura di Anonimo italiano.

ROMA - Il mondo intero ama l’Italia perchè è antica ma ancora affascinante. Perché mangia e beve ma è raramente grassa o ubriaca. Perché è il posto dell’Europa iper-regolata dova ancora si discute in perfetta intesa cosa in realtà il rosso ai semafori potrebbe significare.

Tuttavia in questi giorni, vista tutta l’adorazione proveniente dall’estero e tutti i suoi innati punti di forza, l’Italia sembra non amare se stessa. Qui il vocabolo utilizzato è “malessere”, o “malaise” (’malessere’ in inglese n.d.t.); sottointende un timore collettivo — economico, politico e sociale — che si riassume in un recente sondaggio: gli Italiani, nonostante sostengano di conoscere approfonditamente l’arte del vivere, dicono di essere le persone meno felici dell’Europa Occidentale.

“E’ un paese che ha perso un po’ della sua voglia di futuro” ha detto Walter Weltroni, il sindaco di Roma e possibile futuro primo ministro di centro-sinistra. “”C’è più paura che speranza”.

I problemi sono in gran parte conosciuti da tempo (lett. non nuovi) — e questo è il problema. Hanno seplicemente assediato l’Italia per molti anni e non è chiaro a nessuno come possa sopraggiungere un cambiamento — o proprio se il cambiamento sia ancora possibile.

L’Italia ha pianificato il suo personale modo di appartenere all’Europa, lottando con fratture politiche, crescita irregolare, crimine organizzato e con un tenue senso nazionale come pochi altri paesi hanno fatto.

Ma la frustrazione sta facendo emergere che queste antiche debolezze non sono ancora migliorate, e in alcuni casi sono peggiorate, mentre il mondo di fuori sta correndo più in fretta. Nel 1987 l’Italia ha celebrato la parità economica con la Gran Bretagna. Ora la Spagna, che è entata in Europa solo un anno più tardi, potrebbe presto sorpassarla, e l’Italia è stata sorpassata dalla Gran Bretagna.

Lo stile di vita Italiano low-tech può anche incantare i turisti, ma l’uso di Internet e il commercio qui sono tra i più bassi in Europa, così come lo sono i salari, gli investimenti stranieri e la crescita. Le pensioni, il debito pubblico e il costo della politica sono tra i più alti.

Cifre recenti mostrano una nazione più vechia e più povera — fino al punto che il più alto dei vescovi ha proposto una consistente aumento dei pacchi di cibo per i poveri.

Il peggio è che la preoccupazione che i punti di forza dell’ITALIA stiano diventando punti deboli sta aumentando. Le piccole e medie imprese, a lungo spina dorsale a gestione familiare della nazione, stanno lottando in un’economia globalizzata, in particolare con la concorrenza dei bassi salari della Cina.

I dubbi offuscano anche la famiglia: il 70% degli Italiani tra i 20 e i 30 anni vive ancora a casa, condannando i giovani a una adolescenza prolungata e improduttiva. Molti dei più capaci, come fecero i più poveri un secolo fa, lasciano l’Italia.

Le preoccupazioni sono salite così tanto che Ronald P. Spogli, l’ambasciatore Americano con 40 anni di esperienza in Italia, avverte che l’Italia rischia un ruolo internazionale ridotto e una minore relazione con Washington. I migliori amici d’America, nota l’ambasciatore, sono i suoi soci in affari — e l’italia, se confrontata agli altri, non si trova in buona posizione. La burocrazia e le regole non chiare hanno limitato gli investimenti degli Stati Uniti in Italia a $16.9 milioni. La cifra in Spagna era $49.3 milioni.

“Devono potare l’edera che è cresciuta attorno questo fantastico albero vecchio 2.500 anni e che sta minacciando di uccidere l’albero” ha detto Spogli.

Ma le interviste con il possibile primo ministro, con gli uomini d’affari, con gli accademici, con gli economisti e con altri Italiani suggerisce che la più importante ragione di questo malessere sembra essere la sensazione che non c’è molta speranza che l’edera possa essere tagliata, e ciò rende gli Italiani tristi e arrabbiati.

Un messaggio arrabbiato
“Basta! Basta! Basta!” ha urlato in un intervista Beppe Grillo, un comico e blogger di 59 anni con i capelli brizzolati. La parola significa “basta”, e la ha ripetuta per chiarire la sua opinione alla classe politica Italiana.

Nei mesi recenti, Grillo è diventato l’incarnazione del comune sentire italiano. L’otto settembre a dato gran voce a questo sentimento quando ha indetto un giorno di rabbia, per gridare lungo piazza Maggiore a Bologna una oscenità che possiamo educatamente tradurre come “Andate a farvi una passeggiata!”

Poche migliaia di persone erano attese. Ma in 50.000 si accalcarono nella piazza e 250.000 firmarono una petizione per alcuni cambiamenti, tra i quali limiti di tempo al mandato elettorale e l’elezione diretta dei parlamentari. (Gli elettori, ora, esprimono un voto ai partiti, i quali decidono chi andrà in parlamento, senza il consenso degli elettori.)

Il suo messaggi è stato troppa inazione ed eccesso (i politici Italiani sono i più pagati in Europa, e vengono scortati dalla più ampia flotta di auto blu del continente), troppi pregiudicati in Parlamento (sono 24), troppo delle stesse stanche vecchie facce.

“L’intera faccenda puzza fino al cielo!” ha gridato. “Il tanfo si alza dalle fogne e turbina fuori e non lo si può sopportare”.

Grillo, politicamente, è spostato a sinistra, ma non risparmia nessuna parte politica nei sui show che registrano il tutto esaurito e nel suo blog. Ha detto che il problema è lo stesso il sistema.

C’è una connessione tra il fallace sistema politico nazionale e il peggioramento del morale. Luisa Corrado, un economista italiana, ha condotto la ricerca su cui si basa lo studio dell’Università di Cambridge che ha scoperto che gli Italiani sono i meno felici tra 15 paesi dell’Europa Occidentale. I ricercatori hanno messo in relazione le differenze nella felicità riportata nei paesi e svariati fattori politici, compresi la fiducia nella realtà attorno a loro, non per ultimo il governo.

In Danimarca, la nazione più felice, il 64% aveva fiducia nel Parlamento. Per gli Italiani, il numero era 36%. “Sfortunatamente abbiamo riscontrato”, ha detto la Corrado, riferendosi all’Italia “una certa mancanza di fiducia sociale”.

Due libri popolari, che scatenarono mesi di dibattito, catturano la sfiducia nei poteri forti che non possono essere controllati. Uno, “La Casta”, ha venduto milioni di copie (in una nazione in cui viene definito “best-seller” il titolo che fa 20.000 copie) smascherando i peccati della classe politica Italiana e come è diventata privilegiata e inpunibile. Anche la presidenza della repubblica, un tempo al di fuori della mischia, non è stata risparmiata; il libro stabilì il costo dell’ufficio a $328 milioni, quattro volte il costo di Buckingham Palace.

L’altro libro, “Gomorra”, che ha venduto 750.000 copie, riguarda la banda criminale di Napoli, la camorra. Ma la politica, sostiene il libro, permette alla camorra di fiorire, mantenendo povero l’arretrato Sud, e rendendo la criminalità organizzata, secondo un recente studio, il più ampio settore dell’economia.

Questi sono problemi vecchi d’anni, ma Alexander Stille, professore alla Columbia University e esperto dell’Italia, sostiene che questo sia un momento differente. Quando l’economia si stava espandendo, dagli anni ‘50 fino agli anni ‘90, gli Italiani avrebbero tollerato cattivi comportamenti dei loro leaders.

Ma la crescita è stata lenta per anni, e la qualità della vita sta declinando. Oggi le statistiche mostrano che l’11% degli Italiani vive al di sotto della soglia di povertà, e il 15% ha problemi ad arrivare alla fine del mese.

“Il livello di rabbia è più grande perché prima era possibile liberarsene, ma ora la vita è più difficile”.

Gli Italiani raramente associano l’attuale generazione di leaders che invecchiano alla capaciatà di cambiamento. Sono gli stessi che si sono scambiati ruoli di potere per decenni. L’anno scorso, Silvio Berlusconi, L’uomo più ricco d’italia che divenne primo ministro per la prima volta nel 1994, venne battuto perchè non aveva mantenuto le sue promesse di crescita sullo stile Americano e sulle opportunità basate sui meriti. Quando lascio la carica, la crescita economica era pari a zero.

Ma divenne evidente che liberarsi del candidato del centro-destra, Berlusconi, non sarebbe stata una cura magica. Romano Prodi, che fu primo ministro dal 1996 al 1998, vinse, ma era gravato da una maggioranza instabile formata da nove partiti in lizza tra loro.

Ha promesso una fresca partenza, ma il suo pesante governo di centro-sinistra deluse con il suo primo atto simbolico: un gabinetto di 102 ministri, un nuovo record. Ha portato avanti due pacchetti di riforme, e l’economia sta di nuovo crescendo. “La nostra non è una situazione felice, ma è meglio di prima”, ha detto.

Ma il governo è caduto una volta e minaccia di cadere ancora ad ogni voto difficile. Piccole proposte portano i manifestanti sulle strade, un ostacolo ai cambiamenti poiché gli interessi forti cercano di conservare se stessi. Quest’anno I farmacisti hanno chiuso le porte quando il governo minacciò di permettere ai supermercati di vendere l’aspirina. Ilcosto di solo 20 aspirine alla farmacia è di $5.75.

La misura passò, ma il governo è in gran parte paralizzato. Gli elettori sono stanchi e gli avversari di Prodi ne sono a conoscenza.

“Capisco il malumore, il malessere”, ha detto Gianfranco Fini, leader di Alleanza Nazionale, il secondo partito d’opposizione. “La gente comincia a essere molto arrabbiata perché ha un governo che non fa nulla”.

La demarcazione generazionale
“E’ una tristezza che non è come potrebbe essere — che non siamo un paese normale”, ha detto Gianluca Gamboni, 36 anni, consulente finanziario di Roma, riassumendo cosa pensa dell’Italia che ama, ma che lo fa diventare matto.

A differenza della precedente generazione, viaggia e vede quanto le cose vadano meglio altrove. Non si autoesclude: vive ancora con i genitori, non perché vuole, ma perché solo ora, dopo sette anni di lavoro, si può permettere gli alti affitti di Roma. Sta finalmente valutando una casa di proprietà.

Gamboni è nel lato dei giovani della linea di demarcazione generazionale — una lente attraverso la quale molti dei problemi del paese possono essere messi a fuoco. E una delle molteplici forze sotterranee, facile da sottovalutare a prima vista, ma che, se osservata nella sua interezza, chiarisce quanto l’Italia sia cambiata nei decenni e quanto poco il cambiamento sia stato digerito.

In un secolo, che finisce negli anni ‘70, 25 milioni di Italiani andarono a cercare fortuna altrove. Ora, l’Italia, è la casa di 3.7 milioni di immigranti. La posizione della Chiesa Cattolica, da pilastro culturale, si è ridotta a una lobby.

Politicamente, l’Italia, non sembra essersi adattata alla morte, nel 1992, della Democrazia Cristiana, che governò per più di 40 anni, Economicamente, una volta era facile risolvere i problemi svalutando la moneta, la lira, che ora non con l’euro, che ha oltretutto fatto innalzare i prezzi, in particolare degli alloggi.

Poi c’è la famiglia. Le percentuali di divorzio sono in aumento. Le famiglie numerose sono una cosa del passato. L’italia ha uno degli indici di natalità più bassi d’Europa, il minor numero di ragazzi sotto ai 15 anni e il più alto numero di anziani al di sopra degli 85 anni, dopo la Svezia. La disoccupazione è bassa, al 6%. Ma il 21% della popolazione tra i 15 e i 24 anni non ha lavorato nel 2006. E gli anziani non liberano posti.

Ovunque si possono trovare prove dell’età degli Italiani. Nei parchi, gruppi di anziane signore fanno cucù a un singolo bambino. In televisione le star sono rugose. L’età media dei presentatori di Miss Italia di quest’anno era 70 anni. La vincitrice, Silvia Battisti, era 18enne. Nella sfera politica, prodi ha 68 anni, Berlusconi 71.

“Il problema generazionale è il problema italiano”, dice Mario Adinolfi, 36 anni, bloggher aspirante politico. “In ogni paese le persone giovani sperano. Qui in Italia non c’è più speranza. La mamma ti tiene a casa coccolato, tu stai li e non combatti. E se non combatti, non è possibile togliere il potere a nessuno”.

“Non abbiamo un Google”, aggiunge. “Non possiamo immaginare in italia che un trentenne apre un’impresa in garage”.

Il Vendere una Nozione dell’Italia
In Settembre si diffuse, in una casa di giovani Romani, tra una pasta e una birra, che era morto Luciano Pavarotti, il tenore e probabilmente l’Italiano più famoso al mondo. “Dannazione!” gridò Federico Boden, 28 anni, studente. “Ora abbiamo solo la pasta e la pizza!”

L’Italia non sembra distinguersi come un tempo per la sua grandezza. Non c’è un nuovo Fellini, Rossellini o una nuova Loren. Il cinema, l’arte, la letteratura e la musica sono raramente considerate eccellenza.

Ma ha Ferrari, Ducati, Vespa, Armani, Gucci, Piano, Illy, Barolo — tutti simboli di stile e prestigio. Ciò che è rimasto dell’Italia è se stessa, e molti credono che il futuro si trovi nel commercializzare un aura di valore aggiunto del “Made in Italy”.

Il vino italiano fu un banco di prova. I produttori si transizionarono con successo dalla quantità alla qualità. Illy, il produttore di caffè, è fiorito combinando la qualità e l’uniformità con innovazione nel metodo e con lo stile della presentazione.

“Qui è dove gli Italiani sono vincenti” ha detto Andrea Illy, il preidente della compagnia. “Usa le tue qualità peculiarie, che sono bellezza e cultura”.

Ma l’industria italiana dipende dai bassi salari, che la rendono vulnerabile alla concorrenza cinese quando il costo del lavoro aumenta. I campanelli d’allarme cominciarono a suonare anni fa , con la paura che molta della produzione tradizionale italiana (tessuti, scarpe, vestiti) non avesse potuto essere concorrenziale. Molti non riuscirono, In Friuli.Venezia Giulia, una capitale della produzione di sedie, il numero di aziende che producevano sedie si è ristretto da 1.200 a 800.

“All’inizio si pensava che questa fase sarebbe semplicemente passata”, ha detto Massimo Martino, direttore di Maxdesign, un’industria mobiliera. “Ma nella realtà molte imprese hanno finito per chidere fondamentalmente perché il mercato non aveva più bisogno di loro. Non hanno voluto cambiare”.

Alcune compagnie accettarono la sfida. Il legno era la materia prima, ma Martino ha cominciato a creare sedie, principalmente costruite in plastica, con un bel design ma economiche. Altri decisero che competere contro la Cina nei prezzi fosse impossibile. Hanno mirato, invece, alla qualità e alla unicità italiana, una cosa che la Cina non può eguagliare.

Pietro Costantini, che rappresenta la terza generazione di una compagnia mobiliera, ha detto che ha cominciato a concentrarsi non solo sulla parte alta del mercato — produce mobili extra-large per i corpulenti Americani — ma anche nel creare linee che possano vendere lo stile di vita Italiano in sè. I clienti ritornano.

Ma gli imprenditori si lamentano di essere soli. I politici hanno offerto poco aiuto nel rendere l’Italia competitiva, e questo rimane un importante impedimento ad accrescere i loro profitti. Gli affari vogliono meno burocrazia, più leggi per il lavoro flessiile e grandi investimenti in infrastrutture per far muovere la merce agevolmente.

“Ora è tempo di cambiare”, dice Luca Cordero di Montezzemolo, il presidente della Fiat, della Ferrari e dell’influente gruppo di Confindustria. ” Sennò perché stiamo scendendo da ogni classificazione della concorrenza nel paese? La ragione è che nel migliore dei casi siamo fermati”.

Non è chiaro che questa strategia del “Made in Italy” sarà sufficiente. Gli scettici sostengono che gli investimenti stranieri, i fondi di ricerca e sviluppo provenienti da venture capital restano bassi, così come la competitività italiana.

Ma gli imprenditori sono mosche bianche in uno scenario desolante. Alcuni sostengono che la nuova generazione sia un’ altra chiave, se non ora almeno quando quella al potere morirà. Sono colti, hanno viaggiato e, come Bappa Grillo quando attrae le sue masse, usano internet.

Due partiti di centro-sinistra si sono fusi nel Partito Democratico, che mira a sanare la malata frammentazione del sistema. Ogni parte ha finalmente convenuto che deve essere rifatta una nuova legge elettorale per dare più respiro al vincitore delle prossime elezioni — cruciali per far passare qualsiasi importante cambiamento.

Ma capire il problema è la cosa più semplice. In molti si preoccupano che l’Italia possa avere lo stesso destino della Repubblica di Venezia, situata in quella che molti definiscono la più bella delle città, ma il cui controllo del commercio con il vicino oriente morì senza un evento culminante. La conquista da parte di Napoleone nel 1797 lo rese ufficiale.

Ora è essenzialmente un mirabile cadavere, calpestato da milioni di turisti. Se l’Italia non si darà da fare per un cambiamento, molti dicono, un simile fato la aspetta: loccata dalla passata grandezza, con turisti che invecchiano come dubbia fonte di vita, la Florida d’Europa.

“Il malessere è: ‘posso vedere tutto ciò, ma non c’è nulla che io possa fare per cambiarlo’”, ha detto Beppe Severgnini, un gioralista del Corriere della Sera.

Ma, ha detto, “cambiare significa cambiare individualmente: rifiutare certi compromessi, cominciare a pagare le tue tasse, non chiedere favori quando stai cercando un lavoro, non imbrogliare quando tuo figlio sta cercando di essere ammesso all’università”.

“Questa è la parte difficile”, ha detto. “Siamo arrivati al punto in cui è finita la speranza in un qualche cavaliere bianco che venga e ci dica ‘Ci penso io a voi’”.

“Noi Italiano abbiamo in mano il nostro destino come mai è accaduto prima”, ha detto.
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La risposta al Nyct del Presidente Giorgio Napolitano.

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