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sabato 15 dicembre 2007

Intervista a Franco Zeffirelli. “L’immagine sacra va tutelata. Aiuto il Vaticano a farlo”. “Io, genio consulente del Papa”.

(Giacomo Galeazzi - La Stampa) Franco Zeffirelli, lei ha da poco inaugurato l’anno accademico della Pontificia Università Lateranense. E’ vero che, dietro le quinte, è lei il «regista», il consigliere del Papa per l’immagine?
«Il Santo Padre mi onora della sua stima ed è consapevole che oggi la comunicazione cinematografica della Chiesa è alla rovina. Ratzinger ha riportato l’ordine in dottrina e in liturgia, non tollererà l’anarchia vergognosa nella rappresentazione del sacro. Basta vedere il presepe di quest’anno a piazza San Pietro: niente grotta, mangiatoia, bue e asinello e tratti devozionali. Gesù nasce in casa di Giuseppe, in famiglia. Poi saranno le Beatitudini, il discorso della Montagna a rivelare il valore universale del suo messaggio».
E’ vero, maestro, che ha ispirato lei il presepe a San Pietro?
«Non sono così importante, ma è vero che quest’anno si vuole cogliere l’essenziale della Natività, depurandola di fantasie e leggende. Zero scena, tutta sostanza teologica. Con Ratzinger funziona così. Ho continui contatti con i più stretti collaboratori del Papa, come il cardinale vicario Camillo Ruini e il vescovo ausiliare di Roma Rino Fisichella, miei grandi e fedeli amici. Con loro affrontiamo molto spesso la questione. Non siamo ancora alla pianificazione degli interventi necessari, ma alla fase della proposte. Insomma, un direttorio vaticano per la difesa della fede nel cinema, per l’immagine del sacro. La Santa Sede intende curarla con molta più attenzione».
Consulente d’immagine o cine-censore vaticano?
«Sono a disposizione del Papa. Devo avere l’autorità piena (che il Santo Padre non mi negherebbe) di fulminare le continue bestemmie che si fanno con l’intenzione di rendere popolare il messaggio cristiano. In Vaticano lo sento ripetere spesso: gli attuali film sui santi sono un orrore che la Santa Sede non sa come fermare. Se mi ufficializzano un compito di supervisione, mi dedico a tempo pieno: ce n’è molto bisogno. Conosco personalmente Ratzinger: è molto attento all’importanza della raffigurazione del sacro».

Com’è l’immagine del Papa?
«Non è un’immagine fortunata. Venire dopo un papa mediatico come Wojtyla è un’impresa gravosa, ma già dal Giubileo si intuiva che sarebbe stato eletto lui. Benedetto XVI ha ancora una comunicazione fredda, poco adatta a quello che gli accade intorno. E’ un problema di cui discuto con ecclesiastici che hanno ruoli chiave in Vaticano. Anche il suo guardaroba va rivisto: non sono tempi da alta sartoria ecclesiastica. Servono l’asciuttezza e la sobrietà osservata dagli altri gradi della Chiesa. Le vesti papali sono state rifatte in modo troppo sfarzoso e appariscente».

Che cosa gli consiglia?
«E’ un Papa che non sorride molto, ma è un intellettuale. Ha una rigidissima struttura di bavarese, che mi ricorda molto nelle pieghe del carattere il suo conterraneo Carlos Kleiber, il più grande direttore d’orchestra del dopoguerra. Stesso carattere e stesso amore per la musica».

Perché invoca l’Inquisizione per i film religiosi?
«Perché sono orrendi e finora l’autorità ecclesiastica non è corsa ai ripari. Anzi, l’ordine dei frati si è persino compiaciuto per il terribile tv-movie “Chiara e Francesco”. E le fiction sulle vite dei santi sono scandali da condannare al rogo come bestemmie. Il Papa non intende assecondare questa deriva. Bisogna stare attenti, come dimostra il male che ha fatto Mel Gibson con la sua “Passione di Cristo”: ha ferito in maniera irreversibile la memoria di milioni di persone».

Una minaccia per la fede?
«Sì. L’immagine invade e lacera campi e valori che un tempo appartenevano alla predicazione e alla parola scritta, mentre adesso è l’immagine che corrompe e rimane come una ferita. Ratzinger conosce l’importanza dell’immagine almeno quanto Montini, che a me regista ripeteva: “Un tempo ti avrebbero impedito di essere seppellito in terra consacrata, ma la Chiesa è cambiata, anzi ti accogliamo come uno strumento di diffusione di idee e speranza”».
Quali rimedi propone?
«I musulmani e gli ebrei hanno il divieto, per loro fortuna, di rappresentare il divino, noi cattolici invece dalla raffigurazione del sacro di Leonardo e Michelangelo siamo sprofondati nell’abisso degli odierni film religiosi. Il linguaggio pubblicitario degli spot ha invaso i campi e i soggetti religiosi. Sono cristiano fino alle profonde viscere dello spirito, non posso assistere al disastro. La Chiesa ha la mia disponibilità a un impegno al suo servizio. Paolo VI dopo aver visto il mio “Gesù di Nazareth”, mi chiese che cosa la Chiesa potesse fare per me. Gli risposi: “Vorrei che quest’opera arrivasse anche in Russia”. Lui mi disse profeticamente: “Abbia fede, presto sul Cremlino sventoleranno le bandiere della Madonna al posto di quelle rosse”. L’8 dicembre 1991, Festa dell’Immacolata, la bandiera con la falce e il martello venne rimpiazzata da quella della Federazione Russa».

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