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mercoledì 3 ottobre 2007

Prima di tutto i Diritti. Lettera aperta a Walter Veltroni.

(Andrea Benedino e Anna Paola Concia - GayLeft)

Caro Walter,
il 14 ottobre voteremo per te e ci siamo candidati insieme ad altre e ad altri omosessuali nelle tre liste a tuo sostegno. La nostra è fiducia autentica, per te e per la tua storia. Gestire questa fiducia tuttavia non è né semplice, né senza responsabilità. Non è la nostra una firma in bianco, e non è un affidamento. È una scommessa. E le scommesse si possono vincere e si possono perdere.
Ma se questa la perderemo, la perderai anche tu, la perderà il tuo progetto per una Italia nuova, moderna. Si, caro Walter, perché la nostra battaglia sui diritti degli omosessuali non è una battaglia che riguarda solo noi, ma riguarda l’idea stessa del tipo di società vogliamo costruire, l’idea di quali relazioni sociali. Per questo noi ambiziosamente pensiamo che occupandoci dei nostri diritti ci occupiamo dei diritti di tutti, nessuno escluso. Che dentro i nostri diritti ci sia quel nucleo vitale che permette alle società di arricchirsi, di essere più giuste, migliori, e quindi, di poter essere più civili, di poter fare passi avanti insomma verso una modernità sociale ed economica, oggi indispensabile e improrogabile.
Qualche giorno fa, questo giornale ha pubblicato le lettere destinate a te e recapitate a «Gaytv». Su tanti altri blog come «Gaytoday» se ne stanno raccogliendo altre. Sono lettere tenere, struggenti, affettuose, ma anche definitive. Le lettere di persone in carne ed ossa che non ce la fanno più. Sono cittadini e cittadine che lavorano, vivono e contribuiscono a far crescere questo paese. E pagano le tasse.
È evidente che nella comunità lgbt questi ultimi anni di dibattito politico, di tensioni, di speranze deluse e di richieste inesaudite rischiano di far prevalere uno scetticismo e una rabbia mai visti prima d’ora.
Troppo spesso questa cattiva politica ha affrontato le questioni relative alla vita, agli affetti e ai diritti delle persone gay, lesbiche e trans soltanto attraverso lo specchio delle contrapposizioni ideologiche, come se le nostre vite si fossero tramutate in un campo di battaglia tra guelfi e ghibellini, come se dietro le richieste di un movimento forte e determinato come quello omosessuale, che nel giugno scorso portò in piazza a Roma più di un milione di cittadini, non si nascondessero delle persone, donne e uomini che meriterebbero ben più rispetto di quel che hanno ricevuto finora da questa politica così rissosa e inconcludente ed escludente.
Pensiamo soltanto alla domanda di famiglia, di stabilità, di sicurezza, di legame sociale che viene dal mondo lgbt. Pensiamo a quanto la politica, tutta arroccata in una roccaforte di debolezza, non sia capace di trovare le parole per dare riposte ad un bisogno sociale. Che cosa c’è dietro questa richiesta di riconoscimento giuridico delle relazioni affettive? Sono, forse, bisogni trasgressivi, rivoluzionari, sovversivi, laicisti? Non scherziamo. Sono quanto di più normale, meno trasgressivo e antisociale si possa desiderare. Certo a volte la normalità è rivoluzionaria. E allora diamo delle risposte, perché la politica che non sa dare risposte umilia la verità delle persone che fanno domande. Cosa c’è di più vero della vita in carne ed ossa delle persone? Nessuno può capirlo meglio di un Sindaco. Nessuno lo sa più di noi che siamo soggetti senza diritti. E non c’è niente di più odioso, insopportabile e umiliante per la verità delle persone, delle violenze e le discriminazioni verso gay, lesbiche e trans che si sono intensificate negli ultimi anni. Non passa settimana ormai che le cronache dei giornali non ci raccontino dell’ennesimo caso di bullismo contro ragazzi omosessuali, o l’ennesimo caso di discriminazione sul lavoro, o l’ennesimo caso di violenza fisica. Pensiamo a quanti «omicidi» si sono consumati in Italia negli ultimi anni nella quasi totale indifferenza generale o anche solo al malcostume di molti leaders politici od opinionisti di arrivare quasi a rivendicare una libertà di insulto nei confronti di gay, lesbiche e trans: il pro-sindaco Gentilini è solo l’ultimo esempio in ordine cronologico.
Noi crediamo a una politica diversa, a una politica che la fa finita con l’ideologia sulla pelle delle persone. Perché garantire diritti a chi non ne ha non toglie nulla a chi è già tutelato, ma aggiunge, è garanzia di solidarietà. Perché è un modo come un altro per unire una società sempre più frammentata, trasformandola passo dopo passo in comunità.
Sì, caro Walter, una grande responsabilità ricade sulle tue spalle: quella di saper riaccendere le speranze in un popolo come il nostro, che le ha ormai smarrite e che rischia sempre più di lasciarsi trasportare nel mare magnum dell’antipolitica, i cui sintomi sono purtroppo evidenti in questi ultimi tempi. È una responsabilità grande, perché questa volta non basteranno vaghe promesse e mezze parole per riconquistare la fiducia di gay, lesbiche e trans. Serviranno impegni chiari, parole nette. Servirà soprattutto che alle parole possano presto seguire i fatti, che possano arrivare gesti concreti, non in un futuro indefinito, ma già a partire dai primi mesi di vita del nuovo partito. A partire dall’approvazione di quel pacchetto antiviolenza che contiene le norme contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e che da mesi è fermo alla Camera e dall’approvazione di una legge europea sulle unioni civili.
Caro Walter, questa che sta suonando è davvero l’ultima chiamata. Aiutaci ad aiutarti. Se lo vorrai, insieme potremo costruire un partito accogliente ed amico davvero di tutte e di tutti e renderemo l’Italia un paese migliore.

Portavoce nazionali Gayleft

I vostri diritti sono i Miei

Walter Veltroni

Cara Paola, Caro Andrea,
vi ringrazio di cuore per la fiducia che mi avete espresso, insieme ad altre e ad altri esponenti del movimento per i diritti degli omosessuali, presentandovi nelle liste per la Costituente del Partito democratico, apparentate alla mia candidatura a segretario. Ancora di più vi ringrazio per le ragioni con le quali avete voluto motivare questa scelta.
Nella lettera che mi avete indirizzato, scrivete che la vostra non è una firma in bianco, ma la scommessa sul progetto di un’Italia nuova, moderna. Un’Italia che riconosca i vostri diritti, non solo perché ciò è giusto e doveroso nei vostri confronti, ma perché li comprende come diritti di tutti e come condizione culturale e civile per la stessa modernizzazione sociale ed economica del Paese.
Cinque anni fa, in una ricerca diventata famosa, un brillante studioso americano, Richard Florida, documentava come le città economicamente e socialmente più dinamiche degli Stati Uniti fossero quelle meglio valutate sulla base di tre parametri: gli investimenti nell’innovazione tecnologica, la valorizzazione dei talenti individuali e la tolleranza per le diversità, a cominciare da quella di orientamento sessuale. Le tre «t» (tecnologia, talento e tolleranza) sono, secondo l’analisi empirica di Florida, fattori di sviluppo ugualmente essenziali.
Allo stesso modo, è importante ricordare che Florida rifiutava la identificazione tra tolleranza per la diversità e ostilità per i valori familiari. Questo modo divisivo di pensare, scriveva, non solo è pericoloso, perché mina alle fondamenta l’unità culturale e morale della Nazione, ma è anche inappropriato e non accurato sul piano descrittivo. Dalla sua ricerca emergeva infatti che le città americane più tolleranti, e anche per questo più dinamiche, sono anche le città più «family- and child-friendly», più a misura di famiglia e di bambino. Vale ovviamente non solo per gli Stati Uniti. Lo stesso si può dire per l’Italia, anche grazie agli studi e alle analisi effettuate da una sua giovane collaboratrice, Irene Tinagli, che mi fa molto piacere abbia accettato di presentarsi alle primarie a Milano, in una delle liste che sostengono la mia candidatura.
Sono pienamente d’accordo con le tesi di Florida, anche sulla base della mia esperienza di Sindaco di Roma. Anche per questo condivido il vostro rifiuto di quella che definite giustamente «cattiva politica»: la politica che pensa di poter affrontare le questioni relative alla vita, agli affetti e ai diritti delle persone omosessuali, guardandole con la lente deformante dell’ideologia. Come se fossimo di fronte ad una domanda di trasgressione e non, come voi dite, ad una domanda di famiglia, di stabilità, di sicurezza, di legame sociale. In una parola: di «normalità».
È per questo, ritengo, che avete deciso di dare il vostro contributo alla nascita del Partito democratico. Perché ci accomuna, noi democratici, la consapevolezza che è finito il tempo della rappresentanza per frammenti: come se ogni sfumatura ideologica e ogni singola questione sociale potesse e dovesse rappresentarsi sulla scena politica in proprio e in solitudine, inevitabilmente contro tutti. Questa è la cattiva politica che dobbiamo lasciarci alle spalle. La politica buona, quella che stiamo cercando di rilanciare col Partito democratico, è la politica del dialogo e dell’incontro, della condivisione di punti di vista e di partenza differenti e di un comune itinerario di ricerca verso soluzioni migliori, proprio perché frutto dell’apporto di tanti, tutti tra loro diversi. E’ la politica che rifiuta la logica dell’«aut-aut», perché fa propria quella dell’«et-et».
Solo così si sconfigge, in radice, la logica dell’intolleranza, della discriminazione, della violenza. Armi cattive, che fanno male, che producono sofferenza, umiliazione, emarginazione. Armi che hanno ripreso ad offendere, mai come negli ultimi tempi, donne e uomini, ragazze e ragazzi, colpevoli solo di essere diversi nel loro orientamento sessuale. Mi chiedete un impegno chiaro e parole nette. Ebbene: se sarò eletto segretario, con voi il Partito democratico lavorerà, in Parlamento e nel Paese, per contrastare, con la legge, con le buone pratiche amministrative, con l’impegno culturale e civile, ogni forma di intolleranza e discriminazione. E il primo impegno sarà il sostegno in Parlamento al disegno di legge del governo contro la violenza sessuale.
Allo stesso modo, il Partito democratico lavorerà per dare seguito al preciso impegno assunto da tutta l’Unione davanti agli elettori: il riconoscimento con legge dei diritti delle persone che vivono nelle unioni di fatto, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Perché non c’è contraddizione fra sostenere il valore della famiglia tradizionale e riconoscere i diritti di chi si ama e convive.
In Senato sono all’esame della Commissione Giustizia numerose proposte. Il Partito democratico lavorerà per coagulare il consenso più ampio possibile attorno ad un testo che segni un passo in avanti inequivocabile.
Sono convinto che non solo il Partito democratico, ma una larga maggioranza del Paese, indipendentemente dalla collocazione politica, dall’orientamento culturale o dal credo religioso di ciascuno, possa riconoscersi in una posizione di equilibrio e di saggezza. Per quel che mi riguarda, intendo lavorare insieme a voi perché questa possibilità possa realizzarsi.

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