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mercoledì 3 ottobre 2007

Palermo, il 5 ottobre convegno Agedo.

Manifesti anti-omofobia nelle strade di Palermo.
Il 5 ottobre una giornata per promuovere il rispetto.

(Delia Vaccarello - L'Unità) Il manifesto a fianco comparirà in alcune zone di Palermo dal prossimo 15 ottobre. L'illustratore Alessandro Previti segnala con tratto efficace che nulla cresce sotto il cielo della discriminazione. Con un gioco di luci e ombre evoca suggestioni magrittiane. L'iniziativa fa parte delle campagne avviate da AgedoPalermo (www.agedopalermo.org), come la diffusione di cartoline per «rompere il silenzio». Su questi temi il 5 ottobre, in via dello Spezio 43, si terrà una giornata di sensibilizzazione.

AGEDO Parla una mamma dell'associazione
di genitori e amici degli omosex

Non si può aggredire
un omosessuale
nella totale impunità

Francesca Marceca, responsabile Agedo Palermo, mette l'accento sul silenzio che c'è nella scuola e ribadisce la necessità di informare e includere. Dice: «Spero per mio figlio il varo del pacchetto anti-violenza. Nessuno si deve permettere di offendere una persona omosessuale credendo di essere nel giusto».
Il caso di Matteo è stato archiviato dalla magistratura. Si è parlato di enfatizzazione mediatica della vicenda. Voi dell'Agedo pensate che sul bullismo anti-gay a scuola ci sia enfasi o silenzio?
«C'è un sostanziale silenzio. Di affettività omosessuale e di identità di genere si parla poco o niente. La non conoscenza nutre gli stereotipi negativi. Manca la cultura del rispetto. In più, c'è difficoltà a svolgere interventi nelle scuole. Spesso i ragazzi non conoscono neppure il significato dei termini, né immaginano l'enorme sofferenza che può provocare la presa in giro. Noi siamo stati contattati da un istituto commerciale di Palermo, un caso raro: abbiamo incontrato otto classi ed è stata una bella esperienza. Di omofobia si può parlare anche alle elementari. I miei allievi di quinta, in occasione della Giornata della Memoria, hanno realizzato il modellino di un campo di concentramento con il Das, mettendo un cartellino per ogni gruppo di vittime: ebrei, omosessuali, nomadi, perseguitati politici. Poi hanno attaccato un arcobaleno con scritto: mai più».
A Palermo si è parlato molto del caso della Prof che ha «punito» il ragazzino omofobo facendogli scrivere «sono un deficiente». Innocentisti, colpevolisti: quali sono stati gli atteggiamenti più diffusi?
«Tra gli adulti, ho visto posizioni equilibrate. Episodi simili vanno sottolineati nella loro gravità. Ho percepito un clima favorevole agli interventi contro questo genere di prepotenze. Ma gli insegnanti non possono essere lasciati da soli ad affrontare gli episodi di bullismo. Occorre che tutte le scuole inseriscano nel piano dell'offerta formativa, di cui i genitori prendono visione all'atto dell'iscrizione, le azioni che l'istituto metterà in atto per arginare il fenomeno (corsi per il personale, incontri per i ragazzi)».
Uno dei suoi figli è omosessuale. Cosa teme e cosa spera per lui?
«Attendo il varo del pacchetto anti-violenza. Una legge che tuteli la sicurezza dei nostri ragazzi è prioritaria, nessuno deve permettersi di offendere, anche con parole, magari senza sapere cosa sta facendo, nella convinzione che le persone omosex siano diverse e non facenti parte del consesso sociale. Invece le persone omosessuali sono parte integrante del tessuto sociale e la loro affettività è risorsa e ricchezza, come tutti i sentimenti d'amore».
Organizzate un convegno contro le discriminazioni, avete fatto una campagna di cartoline anti-silenzio. Qual è il vostro principale obiettivo?
«Un percorso che si sta svolgendo in tre tempi: la campagna "Parliamone" ha invitato la città a non chiudersi nel silenzio. Parlarne serve ad acquisire nuove competenze relazionali per pervenire al rispetto. I manifesti che verranno affissi in città il 15 ottobre invitano a scoprire la bellezza del rispetto. La terza campagna parlerà di inclusione e condivisione».
Quali sono le ricadute più tristi della scarsa sensibilizzazione?
«I ragazzi arrivano in Agedo e ci raccontano di vivere una vita che non è vita, la loro affettività è castrata, bloccata, inaridita. Hanno tanta ricchezza di amore ma la comprimono nell'animo per paura del giudizio della gente e della delusione che potrebbero dare ai genitori. E ci sono genitori che arrivano in Agedo più preoccupati del "cosa dirà la gente" e meno del disagio dei ragazzi. E ragazzi vittime del bullismo nel quartiere in cui vivono o a scuola».
Secondo la sua esperienza, quali sono le sofferenze che i giovani omosessuali riescono a verbalizzare nel rapporto con gli altri e quali quelle che più spesso vengono taciute?
«Se il ragazzo vive in città, il problema può essere quello di non trovare la persona ideale che lo corrisponda. Spesso, comunque ha già trovato spazi amicali, ludici o associativi, per capire e dire chi è e cosa desidera. Se si vive in un paese è addirittura difficile dire a se stessi: sono lesbica, sono gay. Talvolta, in Agedo, siamo i primi ad accogliere la confidenza di ragazzi e ragazze che si stanno scoprendo. Palermo è una città a chiazze. Se ti trovi in un contesto aperto, vivi bene; se ti trovi in un contesto in cui non puoi neanche pronunciare la parola omosessuale, vivi malissimo e vedere in televisione storie di persone omosessuali serene ti fa sentire inadeguato, con tanta voglia di scappare verso luoghi idealizzati ove sentirti più libero, e intanto dentro di te cresce la disistima. Talvolta le difficoltà aumentano negli ambienti più "facoltosi", attanagliati dalla paura del giudizio sociale».

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