(Giovanna Mancini - Il sole24 ore) La passione per le stoffe, per la loro consistenza, i colori e le fantasie, gli fu trasmessa da bambino dai genitori commercianti di tessuti e avrebbe lasciato un segno profondo nella sua formazione. Ma la strada Gian Paolo Barbieri è stata segnata da numerose infatuazioni che hanno fatto di lui uno dei più grandi fotografi italiani contemporanei, noto soprattutto – ma non solo – per le sue splendide immagini di moda. Il giovane Gian Paolo fu attratto dal cinema e dal teatro e l'approccio alla fotografia, inizialmente, fu solo funzionale a mantenersi a Roma quando, nel 1962, vi si recò per cercare di lavorare nel grande schermo. Fu solo nel 1964, dopo un'esperienza a Parigi come garzone di bottega del fotografo Tom Kubin, che Barbieri decise di dedicarsi da professionista alla fotografia di moda e aprì un proprio studio a Milano.
Tutto il suo lavoro dunque, anche quello dedicato alla natura e ai paesaggi e agli abitanti di Paesi lontani, testimonia la molteplicità e la complessità dei suoi interessi e delle sue trascinanti passioni.
Una complessità e uno spessore che la mostra a lui intitolata - allestita al Palazzo Reale di Milano fino all'11 novembre - documenta attraverso 140 immagini a colori e in bianco e nero, rappresentative di entrambe le "vite creative" dell'autore. La prima, fino alla metà circa degli anni Ottanta, ruota attorno al mondo della moda, dello spettacolo e ai loro protagonisti. La seconda viaggia lontano, tra le acque e le spiagge del Pacifico, di cui Barbieri ritrae paesaggi, animali, uomini e donne.
Ma questi universi lontani sono in qualche modo accomunati dallo sguardo dell'artista milanese che rimane, sempre e comunque, un fotografo di moda, ovvero un fotografo che non ritrae la realtà o gli eventi così come accadono, ma li mette – per così dire – in posa, li "rappresenta".
La fotografia di moda, scrive infatti la curatrice della mostra, Martina Corgnati, nell'introduzione al catalogo, "è un'operazione che ignora il reale, lo sfida, lo provoca e lo produce. Non si esaurisce nello scatto ma abbisogna di azioni di complemento, preliminari come la costruzione dei set". Quello che caratterizza questo genere fotografico, distinguendolo da altri come ad esempio il reportage giornalistico, è proprio l'ambientazione, il "setting", fondamentali per la comunicazione dell'abito o dell'oggetto indossato. Perché le collezioni di haute couture vivono soprattutto di comunicazione, di trasmissione di un messaggio che è prima di tutto estetico. "Il fotografo non fotografa l'abito – aggiunge Martina Corgnati -: fotografa l'immaginario" e contribuisce quanto gli stilisti stessi a creare mode e canoni estetici.
Le immagini di Barbieri raccontano tutto questo. Lo raccontano con la loro sorprendente perfezione, frutto di studio e messa in posa certo, ma soprattutto di un gusto innato per la bellezza che genera sensazione e seduzione.
Che si tratti del volto incantevole di Audrey Hepburn, di Monica Bellucci, di una giovane modella, oppure del corpo scultoreo di un abitante delle Seychelles, o ancora degli occhi profondi di un bimbo del Madagascar – sempre Gian Paolo Barbieri dimostra di usare il suo obiettivo per catturare e rappresentare il bello. I dettagli, le sfumature cromatiche, le tonalità dei grigi e le gradazioni della luce sono per lui come un'ossessione attraverso cui non ritrae la vita o il reale, ma piuttosto ne ricostruisce innumerevoli "rappresentazioni". E questa sua attenzione ai particolari è la firma con cui ha testimoniato l'evoluzione e l'apice dell'alta moda italiana e internazionale, a partire dagli anni Sessanta, per poi salpare verso terre e mari lontani.
"Gian Paolo Barbieri", fotografie di Gian Paolo Barbieri
Milano, Palazzo Reale, fino all'11 novembre.
A cura di Martina Corgnati. Catalogo Motta.
Orario: lunedì dalle 14,30 alle 19,30; da martedì a domenica dalle 9,30 alle 19,30; giovedì dalle 9,30 alle 22,30.
Ingresso: 8 euro.
Per informazioni: tel. 02/80509362; www.comune.milano.it/palazzoreale
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