«Noi via dalla sinistra di piazza». Angius e Spini abbandonano Mussi.
Nuova divisione a sinistra, in cinque lasciano Sd per il nuovo Partito socialista di Boselli.
Il ministro dell'Università: da loro parole sgarbate che non ricambio.
(Daniela Preziosi - Il Manifesto) Roma «Perché la banda dei quattro della Cosa rossa non va da Prodi e pone come priorità una, dico una sola delle tante leggi sui diritti civili?». Così, deluso dagli ex compagni di partito, il leader storico dell'Arcigay Franco Grillini lascia Sinistra democratica, il movimento di Fabio Mussi con cui era uscito dai Ds il giorno del congresso. Se ne va nella Costituente socialista di Enrico Boselli a rischiare, ammette lui, «l'osso del collo, politicamente parlando», insieme ai deputati Valdo Spini e Fabio Barattella. E ai senatori Gavino Angius e Accursio Montalbano, ai quali si aggiunge Roberto Barbieri, nel gruppo misto da tempo.
L'addio era abbondantemente annunciato. Ma non per questo è stato meno rumoroso. «All'Italia serve una forza che si rifà al socialismo europeo, la nostra uscita da Sd è la naturale conclusione di un percorso che abbiamo seguito già dal congresso dei Ds: voler esser parte del Partito socialista di ispirazione europea», spiega Angius a nome dei cinque. Ma all'obiezione che anche Sd resta nel Pse, taglia corto: «In realtà vogliono andare con Rifondazione comunista che ha sempre combattuto il Pse con forza». Ad Angius non piace il neocentrismo del Partitone democratico ma neanche «la sinistra di piazza». Anzi, per lui la manifestazione del 20 ottobre sarà «un grave danno per i lavoratori, per le tensioni che si verranno a creare nella maggioranza e nel governo, quando invece è necessario recuperare una forte coesione politica soprattutto in rapporto con il paese».
Gelidi gli auguri di Fabio Mussi: «Accenti sgarbati, che non ricambiamo». Ma «socialismo non può essere solo un'etichetta: deve essere valori, programma, progetto, rappresentanza sociale». Replica Alberto Nigra, altro fuoriuscito Sd: «Mussi ha totalmente ragione. Dovrà però spiegare bene quei valori e quelle politiche a Giordano e Diliberto». Più concilianti i toni di Spini: «Mussi resta nel Socialismo europeo per una strada tortuosa. Noi passiamo per la linea più diretta: farne parte». Ma lascia aperta una porta: «Mi auguro che il comune riferimento al socialismo europeo ci faccia mantenere rapporti fraterni di collaborazione».
L'abbandono dei due senatori non cambia le cose a Palazzo Madama, dove il gruppo Sd da dodici componenti scende a dieci. A Montecitorio, invece, dai 22 attuali deputati, Sd scende a 19. Ma il gruppo sarà «tecnicamente» assicurato da uno dei fuoriusciti in attesa che da sinistra un parlamentare vada a «rimpolpare» le file di Mussi. Resta che i cinque, più Barbieri sei, sono un acquisto goloso per la costituente socialista di Enrico Boselli, che a gennaio partorirà il nuovo Partito socialista pronto per le amministrative. Un «Ps» mitterrandiano, composto da un parlamentino di anime niente male quanto a eterogeneità di provenienza. Le si vedrà tutte alla prima conferenza programmatica, venerdì a Roma (dove la nuova formazione sarà tenuta a battesimo da Poul Rasmussen, presidente del Partito socialista europeo). Si va dallo Sdi agli ex Ds ex Rosa nel Pugno, come Lanfranco Turci, agli ex Ds ex Sinistra democratica, via via ai socialisti della diaspora: i Socialisti italiani di Bobo Craxi, gli ex craxiani del Nuovo Psi di Gianni De Michelis e Mauro Del Bue, fino a Rino Formica, anche lui socialista di rango dell'era dei nani e delle ballerine. Vietato chiedere a Angius e compagni che effetto fa andarsene a braccetto con pezzi di prima repubblica. «Se dovessimo fare l'esame del sangue anche agli altri...», dice Grillini, l'unico che risponde.
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