(Andrea Tornielli - Il Giornale) Per la beatificazione di Pio XII, il Papa che ha regnato negli anni difficilissimi della Seconda guerra mondiale e poi della Guerra fredda, servirà ancora tempo e ancora studio. Il decreto sull’eroicità delle virtù del «servo di Dio» Eugenio Pacelli non è stato infatti inserito nel novero di quelli approvati ieri mattina da Benedetto XVI durante l’udienza concessa al cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, come si evince dall’elenco reso noto dalla Sala Stampa vaticana e poi pubblicato sull’Osservatore Romano. Il Papa vuole prendere ancora tempo e ha istituito una commissione interna alla Segreteria di Stato vaticana per valutare non le virtù e la santità di Pacelli, ma per approfondire ancora una volta la documentazione già vagliata e anche i possibili risvolti negativi dal punto di vista del dialogo ebraico-cristiano e dei rapporti tra Santa Sede e Stato d’Israele, di un’eventuale proclamazione.
L’eroicità delle virtù rappresenta, per così dire, il penultimo scalino che porta alla beatificazione e segna la consacrazione del processo svolto. L’ultimo scalino, invece, è rappresentato dalla constatazione di un miracolo attribuito all’intercessione del candidato agli altari. Lo scorso 8 maggio, la riunione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi, dopo aver esaminato e discusso i voluminosi tomi della «Positio» - cioè i testi del processo, predisposti dal relatore e dal postulatore della causa, i gesuiti Peter Gumpel e Paolo Molinari - aveva votato in favore dell’«eroicità delle virtù» di Pacelli. La decisione, contrariamente a quanto riportato da qualche fonte, era stata presa all’unanimità e seguiva il via libera dato in precedenza dalla commissione storica. Al contrario di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, date le ricorrenti polemiche che circondano la figura di Pio XII, la riunione di non aveva registrato contrapposizioni e non era stata affatto combattuta. Il voto unanimemente favorevole doveva però essere sottoposto al Papa per la ratifica e la pubblicazione del decreto. Benedetto XVI, di fronte all’enorme mole di documentazione, ha evidentemente voluto prendere tempo, per leggere e studiare. E ha affidato questo compito a una commissione interna della Segreteria di Stato, incaricata di vagliare anche alcuni faldoni di documenti non ancora inventariati dell’Archivio segreto. La commissione non ha il compito di discutere la santità di Eugenio Pacelli, sulla quale si è già pronunciato il «tribunale» delle Cause dei santi. Deve però analizzare ogni possibile ricaduta anche «diplomatica» della beatificazione.
Non è infatti un mistero che, nonostante le più recenti acquisizioni storiche abbiano contribuito a sfatare la leggenda del Papa dei «silenzi», mostrando invece quanto fattivo aiuto Pio XII diede a tutti i perseguitati durante la guerra, più volte gli ambasciatori d’Israele presso la Santa Sede abbiano chiesto al Vaticano di rimandare la beatificazione di Pacelli in attesa dell’apertura agli studiosi degli archivi relativi al suo pontificato. Archivi che sono stati comunque consultati da chi ha preparato la causa, come solitamente accade.
«Bisogna capire che la causa di beatificazione di un Pontefice che ha regnato così a lungo, in un periodo così difficile della storia, non è una come tutte le altre – spiega al Giornale padre Peter Gumpel, relatore del processo – e dunque si comprende benissimo che Benedetto XVI voglia prendere tempo per studiare e far studiare le carte. Per quanto riguarda invece l’atteggiamento del mondo ebraico, ci tengo a sottolineare e a precisare che vi sono molti ebrei che non condividono le accuse rivolte contro Papa Pacelli e contro la sua beatificazione. Ho ricevuto recentemente un rabbino ortodosso, che a nome di molte centinaia di colleghi americani e canadesi mi ha manifestato il suo totale disaccordo con le prese di posizione degli ambienti ebraici liberal contro Pio XII». Secondo l’allora console onorario d’Israele a Milano, Pinchas Lapide, autore nel 1967 di un volume sul rapporto tra i Papi e gli israeliti, la Chiesa cattolica e Pio XII salvarono tra 750 e 850mila ebrei durante gli anni bui della persecuzione. Per questo, alla fine della guerra e poi all’indomani della morte di Pacelli, le più alte personalità dell’ebraismo mondiale e dello Stato d’Israele, ringraziarono per quanto egli aveva fatto.
«Pio XII è vittima di una leggenda “nera” – aveva detto lo scorso giugno il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato – che ha finito per affermarsi al punto tale da rendere arduo scalfirla, anche se i documenti e le testimonianze ne hanno ampiamente provato la totale inconsistenza». Bertone aveva aggiunto che Pacelli «per la sua santità personale, risplende come luminoso testimone del sacerdozio cattolico e del Supremo Pontificato».
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