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martedì 18 dicembre 2007

Nessun rischio nelle norme contro ogni discriminazione.

Paolo di Tarso, figlio del suo tempo, approvava la schiavitù.

(Libertà online) In un articolo, pubblicato sabato 8 dicembre in prima pagina (ndr. su "Libertà, Quotidiano di Piacenza"), Gianni Cuminetti afferma che con il voto di fiducia espresso dal Senato sul cosiddetto pacchetto sicurezza si sarebbe consumata "una delle pagine più tristi nella storia del Parlamento Italiano".
Ciò perché nel testo sottoposto al voto, sarebbe stato introdotto surrettiziamente, per volontà della "Sinistra estrema", un dispositivo di legge che condannerebbe ad anni di galera "chi si dichiarasse apertamente contrario all'omosessualità e a quanto ne consegue (sic). Potrebbe anche succedere che se un parroco nella sua predica citasse l'opinione di S. Paolo sugli omosessuali correrebbe lo stesso rischio".
E' davvero possibile tutto ciò? Assolutamente no! Anche se dobbiamo dire, a discolpa dell'autore, che le sue posizioni riflettono il profluvio di sciocchezze che ha accompagnato quel voto (magistralmente rappresentate dalla indefettibile contrarietà della senatrice Binetti e dai tentennamenti di tanti cattolici timorosi di cadere in odor di scomunica) e, a suo merito, che l'articolo ben rappresenta l'impazzimento del dibattito politico-culturale nel nostro paese.
Facciamo ordine: il dispositivo in questione, fatti salvi gli errori di coordinamento legislativo che contiene, stabilisce che sia passibile di condanna fino a tre anni di reclusione chiunque commetta atti o inciti ad atti di discriminazione fondati sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. La condanna sale a quattro anni di reclusione se tali atti, commessi o incitati, comportino violenza. Circa la congruità della pena, che è peraltro impervio discorso tecnico, basti qui ricordare che tra i benefici della Gozzini e altri riti premiali è praticamente impossibile andare in galera per il reato in questione.
Più interessante approfondire il discorso sulle fattispecie che conformano il reato. Il pensiero politico occidentale nei suoi due filoni costitutivi (anglo-americano e francese), ha saldamente affermato la centralità della persona in ogni struttura sociale o politica. Nel 1776, il secolo dei lumi (e sarei molto cauto nel decretarne il fallimento), la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America affermava: "Tutti gli uomini sono stati creati uguali, essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità". Nel 1798 nella Francia rivoluzionaria, la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino sanciva solennemente il principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani cui seguiva l'elencazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell'uomo. Questo pensiero è riverberarato in tutte le moderne costituzioni europee.
L'art. 3 della nostra costituzione, infatti, dispone: "Tutti i cittadini?sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana?". Va da sé che il libero sviluppo della propria persona e l'eguaglianza giuridica della stessa sono in continuum logico con la proibizione di ogni forma di discriminazione.
Concetti ampiamente accettati nel sentimento popolare che giustamente si indigna di fronte alle vessazioni subite da un portatore di handicap ad opera dei propri compagni di classe, come di fronte al ripetersi di atti vandalici di matrice antisemitica, (ad onor del vero la stessa solidarietà non sembrano raccogliere i Rom o gli omosessuali, che pure condivisero con gli ebrei gli orrori dei campi di sterminio e nemmeno i neri quando, invece che in Alabama, risiedono in brianza). Principi, comunque, che appartengono alla nostra storia, alla nostra cultura e ben radicati nelle nostre coscienze. Principi che scendono fino noi da Kant e Voltaire passando da Lussu e Calamandrei e che appare davvero sciocco considerare armi improprie nelle mani di Rizzo e Diliberto. Principi che devono essere difesi nella loro effettiva realizzazione come da dettato Costituzionale. Tutto secondo logica, dunque?
Non per il dottor Cuminetti, secondo cui sì e inserito "nel nostro ordinamento giuridico il reato di opinione in materia eticamente sensibile" e si è inferto "un vulnus alla libertà individuale potenzialmente devastante". Ohibò! Ma il giudice condanna l'atto o l'incitamento all'atto, e l'atto ha sostanza oggettiva ben diversa dal pensiero. E quand'anche residuasse una zona grigia di ambiguità soccorrerà il giudice l'articolo 21della Costituzione (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione) che è vivo e vegeto e di rango legislativo superiore.
D'altra parte, pur con pene diverse e fattispecie limitate, questo impianto giuridico è in vigore dal 1975 senza che si verificasse nulla di apocalittico. Puro vaneggiamento dunque? No! Scopriamo infine tutte le carte di questo osceno gioco. La legge del 1975 puniva in origine le sole discriminazioni razziali secondo il dettato del trattato internazionale siglato a New York nel 1966. Essa e stata successivamente integrata nel 1993 ampliando la sua azione anche alle discriminazioni etniche, nazionali e religiose.
Oggi si proponeva un'ulteriore integrazione che comprendesse anche le discriminazioni condannate nel trattato europeo di Amsterdam e già votate dal Parlamento italiano sia in occasione della ratifica del trattato stesso, sia in occasione della ratifica della Costituzione Europea. Secondo il trattato di Amsterdam fra i soggetti che devono essere protetti da possibili discriminazioni vi sono anche gli omosessuali. Ebbene, fra i crociati che popolano il Parlamento Italiano, si è fatto strada il dubbio che punire gli atti discriminatori, anche violenti nei loro confronti, avrebbe potuto supportare in futuro le richieste di un riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali.
Meglio, piuttosto, distruggere un impianto valoriale e ideale che è l'architrave delle moderne liberal-democrazie e patrimonio inalienabile della nostra civiltà. Aberrante ma vero. E non si angosci il Dottor Cuminetti se l'insegnamento di S. Paolo dovesse entrare in conflitto con il nostro codice penale o con i diritti costituzionalmente garantiti. E' gia successo!
Paolo di Tarso, figlio del suo tempo, approvava la schiavitù: "Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina", (I, Tm, 6,1) e considerava una follia le pari opportunità fra i generi: "le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualcosa, interroghino a casa i loro mariti?" (I Cor, 14, 34-35) che dimostra come un'adesione letterale ai testi sacri ci porterebbe, dritti-dritti, tra le braccia del fondamentalismo religioso.

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