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lunedì 5 novembre 2007

Sessismo mon amour.

“Metterlo in culo/prenderlo in culo” = Fregare/farsi fregare. “Inculare” = Fregare (anche nel senso di “rubare”); ancora più grave: “punire”. “Prendere per il culo” = Sfottere.

(QueerWorld) Da questo gergo si può concludere che non è il rapporto anale in sé ad essere indesiderabile, sebbene sia indubbio che esso venga banalizzato – e quindi ridicolizzato – perché descritto come un brutale atto carnale, quasi animalesco, che rappresenta una fredda sopraffazione del “dominante” (nella simbologia sessuale: colui che ricopre un ruolo attivo) sul “dominato” (il ruolo passivo). Quest’ultimo è il vero obiettivo di tali idiomi: la persona che “sta sotto” durante il coito (espressione perfetta per comprenderne la posizione; più rituale/sociale che fisica) è vista come “debole”, detto in un linguaggio che enfatizzi il lato più umano della cosa, o si può dire che essa incarni il modello dello “schiavo/slave”, detto in un linguaggio prettamente erotico. Al contrario, l’attivo è forte, risoluto, furbo, scaltro, “figo”. La divisione dei ruoli in un rapporto sessuale, sia fisica (più neutra) che rituale (culturalmente imposta) è ovviamente riscontrabile in ogni tipo di pratica erotica, in qualunque posizione essa venga eseguita e a dispetto del genere sessuale delle persone coinvolte; mentre però è normale (leggere: “abituale, quindi socialmente accettato”) che la donna (anche detta, va ricordato, “sesso debole”) stia sotto o - meglio ancora - si faccia mettere sotto dal dominante maschietto in qualsivoglia tipo di rapporto, non è considerato altrettanto normale (o, piuttosto, tollerabile) che sia il suddetto maschietto a farsi mettere sotto, a lasciarsi dominare, facendo così vacillare il presunto primato di supremazia maschile in questa nostra società sessista, maschilista, ma soprattutto fallocentrica. Difatti, già gli uomini eterosessuali vengono spesso derisi dai loro “con-sessuali” se si fanno metaforicamente mettere i piedi in testa dalle rispettive compagne: nella mentalità che va per la maggiore nell’ambiente eterosessuale, questo implica anche soltanto che sia lei a scegliere cosa vedere alla televisione o che sia sempre lei ad essere gelosa delle amicizie femminili che il proprio partner ha. Queste stesse abitudini passeranno spesso inosservate, o riceveranno approvazioni, se praticate da un maschio eterosessuale. È la vecchia storia di ciò che è permesso ad un uomo e ciò che (non) è permesso ad una donna: se lui rimane single a vita mentre tromba come un riccio sotto acidi tutto ciò che assomigli vagamente ad una donna, è un “inguaribile scapolo”, detto bonariamente, un “bocconcino prelibato”, per altro grande amatore. Se lei fa lo stesso, è una zitella acida e pure baldracca. Come è definito un uomo debole? Una femminuccia. E un maschiaccio chi è? Viene da sperare che, se per una volta l’Italiano ci concede una par condicio, “maschiaccio” sia una donna forte. E invece no. È una donna che scimmiotta gli atteggiamenti di un maschio, che tenta di assomigliargli nei modi, pur non competendole biologicamente quel ruolo dominante. Dunque essa risulta volgare, e viene “punita” con quell’ “-accio” peggiorativo a fine parola. Il maschiaccio non piace all’uomo eterosessuale medio. Lo fa sentire “castrato”, poverino. E dunque l’uomo che viene accusato di assomigliare ad una femmina, la femminuccia per l’appunto, è doppiamente femminuccia se la sua passività è completa, cioè espressa da un atto fisico, per di più (sia anatema!) perpetrato da un altro (vero, perché attivo) maschio. E se il maschio, il dominatore, solo uno può essere, se l’eterosessismo vuole che tutto funzioni con i ritmi e gli schemi dell’eterosessualità, in cui ci deve essere la complementarità, l’equilibrio tra due sessi, l’altra metà della mela... allora chi sta con un maschio, ma soprattutto chi si fa dominare da un maschio, altro non sarà se non un perdente, un debole...una donna (la peggiore delle offese per un uomo etero). Così nacque l’idea (fomentata da film come “Il Vizietto”) che la coppia omosessuale sia un surrogato di quella etero, con un maschio ed una femmina, una persona virile ed una effeminata, una attiva e l’altra passiva, una dominante e l’altra dominata...che è poi lo schema dell’omosessualità mediterranea, tipica del nostro Paese. Questa discriminazione sembrerebbe trovare conferma sempre nella nostra lingua, dove esiste una moltitudine di espressioni per offendere il gay effeminato/passivo (due concetti che sono sinonimi nella mentalità eterosessista): checca, femmenella, arruso, ecc. Il gay maschile/attivo se la cava più che bene con appena quale vocabolo che lo riguarda vagamente in quanto omosessuale, senza dunque toccarlo nello specifico. È ormai lampante che in questo rifiuto della femminilità e della passività (le proprie, in primis) gioca un ruolo fondamentale un generale sessismo a livello sociale e culturale, prima ancora che un più specifico eterosessismo, che essendo guidato dalla mentalità maschilista dominante ricadrà in primo luogo sulle donne (etero, bisex o lesbiche che siano) e solo in seconda battuta sugli uomini gay, per una banale questione di visibilità (il 70% dei maschi omosessuali italiani si nascondono nell’ombra con la coda fra le gambe...al contrario, lo 0% delle donne italiane si fingono uomini...). Spero così di aver risolto una volta per tutte l’arcano: gli uomini gay non sono “donne mancate” né “si sentono donne” né “hanno una mentalità femminile”. Sono ben altre le ragioni per cui, storicamente, maschi gay e femmine di ogni orientamento sessuale hanno sempre marciato gli uni a fianco alle altre, e i maschietti etero lo sanno molto bene, dato che sono la causa delle comuni battaglie dei due gruppi discriminati. Una volta appresa questa chiave di lettura, non vi servirà alcun’altra nozione per comprendere come mai le lesbiche non subiscano la stessa discriminazione degli uomini omosessuali (mentre ne subiscono una diversa): esse non infrangono le regole stabilite dal maschio dominatore, e dunque non costituiscono una minaccia. Anzi, l’idea malsana che l’etero medio ha delle lesbiche è che siano delle mentecatte che abbiano così pochi desideri personali, da non veder l’ora di appagare sessualmente il primo cesso etero che bussi alla loro porta. Le lesbiche non sono persone, sono bambole: metti Barbie e una Bratz insieme, e le cominci a far strusciare come più ti aggrada. Esse non lo faranno per il proprio piacere (né per vivere i propri sentimenti, che non esistono), ma per il pirulino dell’impotente guardone di turno. Ora, avete mai provato a chiedere ad una vera lesbica (non le attrici dei porno) se accetterebbe di far masturbare un uomo davanti a lei e alla compagna mentre fornicano? Provateci: sarete fortunati se non vi sventra con un tacco e vi strozza con le vostre stesse interiora.
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Segnalo il blog di uno sfigato omofobo, tale "veritas79" (il nome sottolinea la modestia del soggetto, sempre pronto al dialogo e a mettersi in gioco): NESSUNO NASCE GAY (scritto proprio tutto maiuscolo, urlato).
Ovviamente lo sfigato si è basato sui deliri della "Narth" di Joseph Nicolosi, di cui abbiamo già parlato.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

io non sono mai andato da dietro, mi piace prenderlo in bocca, quindi secondo la etero-tassonomica come mi dovrei considerare

tycooko ha detto...

Un somaro. Ma non per la etero-tassonomica, ma per aver letto l'articolo con un occhio aperto ed uno chiuso:
"La divisione dei ruoli in un rapporto sessuale, sia fisica (più neutra) che rituale (culturalmente imposta) è ovviamente riscontrabile IN OGNI TIPO DI PRATICA EROTICA"
Che c'entra l'andare da dietro quindi?