(Gianluigi Lauro - L'heure verte) Si può essere originali e innovativi nel compiere un’opera che è un omaggio ad un artista pionere del jazz moderno? La risposta non è certo semplice, e dipende in gran parte dagli interlocutori messi in gioco. Ma la rispota ci sembra assolutamente affermativa se le persone di cui stiamo parlando sono Thelonius Monk e Lorenzo Tucci, affermato batterista della scena italiana e europea. Batteria, in inglese Drum, e Monk: una lettera che li lega così irrazionalmente, ma sappiamo…l’irrazionalità spesso porta con sé il genio: Drumonk. Ci sarebbero tanti discorsi da fare su questo album, primo su tutti il fatto che si tratta di un omaggio ad un grande pianista, ma il piano è assente; e questo è forse un punto a favore di Tucci, perché rispetta l’idea dell’omaggio, ma non cade nella spiacevole situazione del creare qualcosa di poco originale. Poi, cosa forse ancora poco compresa dai jazzisti, la genialità del trio: a nostro avviso si tratta della formula più riuscita in questo genere di musica, che ha come base l’improvvisazione e il dialogo, quella “conversation” che forse solo questa scelta può garantire a pieno. Parlando più nello specifico della formazione , bisogna sottolineare che oltre al genio c’è anche la sicurezza di avere 3 grosse firme del jazz italiano moderno: oltre all’autore Lorenzo Tucci abbiamo Pietro Ciancaglini al contrabbasso e Fabrizio Bosso, ormai star trombettistica mondiale del jazz, a cui è affidato in sostanza il compito di sostituire il piano di Monk e di intrecciarsi alla perfetta e intensa linea ritmica tessuta dai due amici. La cosa più evidente nell’album è proprio la libertà di poter esprimersi e di comunicare: nessuno dei tre prevale sull’altro, ma sono tutti assolutamente superlativi.
Alcune perle dell’album (senza nulla togliere alle altre tracce): Tea for two, non monkiana, ma molto amata dal pianista; qui la tromba di Bosso si veste quasi di ironia nel delineare il tema della celebre canzone; il resto è affidato allo spirito latino di Tucci e alla mestria di Ciancaglini; Hackensack, cupa ma al contempo piena di emotività; la fulminea e saltellante Straight no chaser, dove la fanno da padroni Tucci e Bosso che si chiamano e richiamano; l’ipnotica e swingante Friday the 13th, dove Bosso sovra incide un assolo sul bellissimo tema; l’ultima traccia Nutty, che rispetta sempre quella soffice ironia monkiana; poi, la vera perla dell’album: Rhythm a Ning, completamente smontata e rimodellata dai tre: dopo un incredibile performance di Bosso sulla linea dispari creata dalla sezione ritmica, ecco arrivare un incredibile assolo di Tucci accompagnato da un perfetto ripetersi della linea di contrabbasso di Cianka; il risultato è che al termine della canzone bisogna un attimo fermarsi e applaudire. Qui proponiamo uno stralcio del concerto a cui abbiamo assistito il 26 luglio nella straordinaria cornice del castello Arechi di Salerno, di cui vogliamo sottolineare la componente aggiuntiva dell’improvvisazione live ma soprattutto l’estrema umiltà e la sincera simpatia di Lorenzo Tucci, con il quale ci siamo trattenuti a fine concerto a fare due chiacchiere e a cui vogliamo augurare con tutta sincerità il meglio che il futuro gli possa riservare.
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