(Tulife via benessere.com) Anche in Italia negli ultimi anni è aumentato il numero dei maschi che si rivolgono a un sessuologo per problemi di erezione. È quanto emerge dalla ricerca condotta dal Censis su uomini di età compresa tra i 30 e i 70 anni, sia sani che in cura per questo tipo di disturbi. Sulla base dei dati rilevati dalla ricerca si stima che in Italia soffrano di disturbi legati alla disfunzione erettile tre milioni circa di persone, pari al 12% della popolazione sopra i 18 anni, ma di questi l’82% non è diagnosticato e solo l’11% è trattato.
L’indagine del Censis ha rilevato come nei soggetti più giovani, sani e con un titolo di studio superiore, vi sia un atteggiamento più sciolto a parlare di questo tipo di problemi, introducendo nei codici della sessualità una visione più articolata, dove la prestazione sessuale perde di centralità.
Tuttavia ancora oggi, quando si presenta un problema di disfunzione erettile, passa molto tempo prima che l’uomo si rivolga al medico per chiedere aiuto. «In media trascorrono tre anni - afferma Chiara Simonelli, presidente della Società italiana di sessuologia scientifica» . Fortunatamente negli ultimi dieci anni il numero di maschi che si rivolgono ad un medico è cresciuto molto.
L’identikit dei pazienti
Diplomato o laureato, tra i 30 e i 45 anni e molto stressato: è questo l’identikit dei pazienti che si rivolgono ad un sessuologo. Sempre più spesso si rivolgono spontaneamente, senza la spinta della moglie o della compagna. Anzi, in molti casi chiedono di usare i farmaci di nascosto dalla partner, magari dopo avere avuto qualche defaillance durante scappatelle extraconiugali. Spesso, infatti, è l’atteggiamento della donna a mettere in difficoltà l’uomo. «Ci sono due tipi di donne – afferma Bruno Giammusso, responsabile del servizio di andrologia chirurgica presso l’università di Catania - la moglie, che quasi come una madre lo accetta e passa sopra il suo problema, e la malafemmina, più aggressiva ed esigente, che proprio per questo però accende il desiderio».
Quello che è importante per il paziente, aggiunge Giammusso, «è trovare un medico amico, che non faccia sentire in colpa il soggetto per il suo problema. Per questo il primo contatto si ha quasi sempre con il medico di famiglia. Solo successivamente ci si rivolte all’urologo o all’andrologo, e poi al sessuologo». Il dato comune, secondo la ricerca, è il fatto che la maggior parte dei pazienti è molto più sollevata se la sua patologia ha cause organiche, mentre è più preoccupato se le motivazioni sono psicologiche. «In ogni caso - conclude Giammusso - da quando ci sono farmaci specifici i pazienti si sentono molto più rassicurati, anche se continuano ad avere qualche perplessità sui loro effetti».
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