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venerdì 23 novembre 2007

Ragazzi denudati e picchiati, da Lecce la storia del carcere lagher.

«E' difficile cancellare dalla memoria quello che ho visto. Quella di Lecce è la pagina buia della giustizia minorile», racconta ora Roberto Marzo, 52 anni, in pensione dallo scorso 11 giugno dopo 28 anni di servizio.

(Silvia Barocci - La Gazzetta del Mezzogiorno) Ragazzini denudati e pestati in cella, agenti che urlano e si accaniscono su un detenuto fino a spaccargli tre denti: sono alcuni degli episodi di maltrattamento che la procura di Lecce contesta a undici poliziotti penitenziari, tra cui il comandante, in servizio all’Istituto per minori sulla via per Monteroni.
L'attività della struttura (circa 50 detenuti e 25 agenti) è sospesa dallo scorso luglio, quando sono iniziati i lavori di ristrutturazione. Ma gli episodi denunciati risalgono al 2003, quando da un istituto per adulti è arrivato il nuovo comandante, Gianfranco Verri, 42 anni.
In quattro anni non sono mancante denunce e segnalazioni da parte del medico dell’istituto, Roberto Della Giorgia, di assistenti sociali e anche di alcuni agenti penitenziari. Eppure in quattro anni – sottolinea il sindacato Osapp che punta il dito contro l’inadempienza del Dipartimento della giustizia minorile – nell’istituto di Lecce sono cambiati quattro direttori ma il comandante Verri è sempre rimasto lì e tutt'ora lavora senza essere stato mai sospeso in via cautelare. E' a lui che sono contestati episodi di prevaricazione e atteggiamenti persecutori nei confronti del personale del carcere non allineato alle sue logiche basate su regole intransigenti e violente.

«E' difficile cancellare dalla memoria quello che ho visto. Quella di Lecce è la pagina buia della giustizia minorile», racconta ora Roberto Marzo, 52 anni, in pensione dallo scorso 11 giugno dopo 28 anni di servizio nella polizia penitenziaria e dopo aver detto 'bastà ai presunti maltrattamenti sui minori.
Le segnalazioni arrivate tra il 2003 e il 2004 a Roma si sarebbero risolte in un’attività ispettiva disposta dall’allora responsabile del Dipartimento della giustizia minorile Rosario Priore, che però non portò ad alcun esito. A dare nuovo impulso all’indagine penale è stato invece un esposto-denuncia presentato nel giugno del 2006 alla procura di Lecce dal sottosegretario alla Giustizia Alberto Maritati. A lui infatti si rivolsero il medico del carcere minorile e un assistente sociale, raccontando nel dettaglio episodi allarmanti e chiedono un intervento del ministero. «Mi sono stati raccontati episodi allarmanti di violenze e brutalità su cui fino a quel momento sembrava che il tribunale dei minori, la procura minorile o il magistrato di sorveglianza non fossero intervenuti. Ho messo a disposizione la mia cultura e la mia storia di magistrato – racconta Maritati – e ho presentato un esposto». Arrivata nove mesi fa al Dipartimento per i minori al posto di Priore, Melita Cavallo si è recata personalmente a Lecce lo scorso aprile-maggio: «Ho visitato l’istituto e sentito tutti. Mi hanno detto 'andiamo abbastanza bene anche se non andiamo tutti d’accordo'. Girando mi sono accorta di strutture fatiscenti». Da qui la decisione di chiudere temporaneamente per ristrutturazione, lasciando però aperto il centro di prima accoglienza dove continuano a lavorare dieci poliziotti penitenziari. Se tra di loro dovessero risultare alcuni indagati, Cavallo assicura che chiederà al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di «prendere provvedimenti» e spiega di aver ritenuto opportuno attendere l’esito delle indagini perchè qualsiasi altro suo provvedimento «sarebbe stato fuori luogo». Nel frattempo però - fa notare il sottosegretario Maritati – «gli unici a rimetterci sono stati gli addetti alle pulizie che, a causa della chiusura temporanea dell’istituto, hanno perso il posto».

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