(Panorama)
Che le prostitute paghino le tasse come qualsiasi altra categoria. E come accade senza scandalo in altri (civilissimi) Paesi europei tra cui la Spagna, la Svizzera, il Belgio, l’Olanda, la Germania. La Commissione tributaria della Lombardia ha deciso, con una sentenza che non mancherà di far discutere, che anche le lucciole devono destinare una parte del proprio reddito alle finanze pubbliche. Il fatto è che i controlli del Fisco si fanno via via più sofisticati e chi non è in grado di giustificare il proprio tenore di vita rischia di essere chiamato dall’Agenzia tributaria a produrre una documentazione adeguata. È accaduto a molti sedicenti nullatenenti, ma anche a una
bella di notte, tale M.L, che, pur professandosi disoccupata, risultava proprietaria (secondo un controllo incrociato sulle compravendite di case presso l’Agenzia 3 di Milano) di un lussuoso appartamento di 130 metri quadri nel cuore del capoluogo lombardo, di altri due monolocali in città, di altri tre tra Corsico e Baggio. E a completare il patrimonio - scrive stamani il
Corriere della Sera - due autovetture del valore, secondo i detective delle Entrate, di un miliardo e 605 milioni di vecchie lire. Tutti beni acquistati, secondo l’Agenzia, grazie a quello che viene definito, a torto o a ragione, come il mestiere più antico del mondo. Risultato: la signora (che in primo grado aveva ottenuto l’annullamento della sanzione) dovrà pagare una multa di 70 mila euro per aver presentato una dichiarazione dei redditi non veritiera risalente al 1998. Domanda del cronista del
Corsera: “Si è mai vista una prostituta che rilascia la ricevuta?”. Per ora no, ma, come cantava Dylan,
i tempi stanno cambiando. E se alcuni Paesi europei sopracitati hanno scelto
di legalizzare il mercimonio sessuale, altri (come l’Iran, la Cina, gli Stati Uniti, l’Irlanda) continuano a considerare di fatto illegale (e quindi inesistente per il Fisco) quest’antica attività lavorativa. A questa lista si aggiunge anche la Thailandia, epicentro del turismo sessuale dove però le autorità - in base a un decreto del 1996 - continuano a vietare la prostituzione. Almeno sulla carta: le apparenze sono preservate.
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