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giovedì 6 dicembre 2007

Se Prodi cade? Bertinotti aspirante premier con il voto nel 2009.

Fausto Bertinotti, leader storico del Prc
(Panorama) A dispetto della voragine che si è creata tra Prc e Romano Prodi, non sarà Bertinotti il “killer” del governo. Fausto il rosso (ribattezzato “lo scorpione” dai prodiani, all’indomani dell’intervista sul fallmento del governo) sa che il Prof è al capolinea. E per questo si sta smarcando, spiegano in Transatlantico. Dove sono anche in molti però a pensare che, almeno per ora, non si prevede uno scenario simile a quello del ‘98, quando l’attuale presidente della Camera staccò la spina al primo governo del Professore, spalancando così le porte di Palazzo Chigi a Massimo D’Alema. Certo, per il Prc la misura è colma: dal welfare alle pensioni, dalla Finanziaria alla sicurezza, il premier si è sottoposto negli ultimi mesi ai diktat dei diniani, dei mastelliani, del duo Bordon-Manzione, facendo ingoiare grossi rospi alla sinistra. Che lamenta una perdita di seggi (Turigliatto e non solo) e di consensi nei sondaggi.

L’obiettivo dei rifondaroli, si sente dire a Montecitorio, è quello di creare un clima sempre più rovente nella coalizione al fine di arrivare all’implosione del governo subito dopo l’approvazione della Finanziaria, per poi far nascere un esecutivo istituzionale. Come testimonierebbe il contenuto della telefonata, molto tesa, tra presidente del Consiglio e presidente della Camera, di cui Panorama dà conto.
Insomma, Prc potrebbe fare, involontariamente, il gioco di Silvio Berlusconi che dà mesi, tra un tentativo di spallata e l’altro, va dicendo di avere pazienza e di aspettare che sia la maggioranza a implodere.
Ma a quando è fissata l’ora del botto? Gennaio (tra sciopero generale, pressioni della Confindustria, verifica chiesta dalla sinistra) potrebbe essere il mese decisivo. Ottimista per natura, Romano Prodi continuerà fino all’ultimo a mostrarsi tranquillo, ma il quadro politico per lui e l’Unione è a dir poco fosco.
E il dopo-Prodi? Questo è l’interrogativo principale. Il Cavaliere, in più di un’occasione, ha dichiarato che l’unica strada praticabile sono le elezioni anticipate. Ma tutto dipende dalla legge elettorale e dal dialogo con Walter Veltroni. In sostanza, se l’esecutivo dovesse cadere senza un’intesa tra il segretario del Pd e il Cavaliere, da Forza Italia partirebbe la richiesta immediata al Colle di tornare alle urne, anche con l’attuale Porcellum.
Al contrario, qualora il terremoto dovesse verificarsi a gennaio, dopo le feste, e il tempo avesse permesso a Veltroni e Berlusconi di stringere un patto sulla nuova legge elettorale, il leader dell’opposizione potrebbe anche prendere in considerazione l’idea di assecondare un governo istituzionale o del Presidente. Proprio con l’obiettivo di varare una riforma elettorale (senza però toccare le Costituzione) e poi votare nella primavera del 2009. A quel punto il nome del premier di transizione passerebbe in secondo piano, (e si vocifera che Bertinotti stesso aspirerebbe alla carica).

Quel che interessa al Cavaliere è avere il tempo necessario per radicare il nuovo partito del Popolo delle Libertà e prepararsi alla sfida con Veltroni. Il quale, oggi indebolito dall’appoggio a un premier “morente”, potrebbe sfruttare lo stesso tempo per rafforzare le proprie posizioni. Un calendario gradito al leader di Rifondazione, che finalmente libero della grisaglia istituzionale, tornerebbe a essere il Subcomandante Fausto, alla guida della Sinistra-L’Arcobaleno.

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