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martedì 4 dicembre 2007

Inconcludenti, polemici e logorroici. Roma città "chiusa", il parere di GayLeft sul suo capo.

Unioni civili la battaglia di Roma.

(Andrea Benedino* - L'Unità) Il Consiglio Comunale di Roma si sta apprestando, in un clima di scontro tra guelfi e ghibellini, a discutere dell’approvazione del Registro delle Unioni Civili, a seguito di una delibera di iniziativa popolare sottoscritta da oltre 10.000 cittadini. Questa discussione e le decisioni che ne seguiranno stanno diventando sempre più emblematiche di come il Pd a guida Veltroni saprà affrontare i nodi delle questioni relative ai diritti civili, e più in generale di quanto il Pd e il suo leader sapranno decidere su temi di questa portata resistendo alle invadenze di campo e ai condizionamenti delle gerarchie vaticane e quindi di quanta fermezza ci sarà nell’affermazione piena del valore della laicità dello stato come valore guida di tutto il partito.
Un accordo che sembrava a portata di mano, a seguito di una faticosa mediazione portata avanti dal vicesindaco Maria Pia Garavaglia, sta rischiando di naufragare in queste ore a seguito dell’accensione dei riflettori sul «caso Roma» da parte delle solite gerarchie di Oltretevere: in primis un articolo di avvertimento di Avvenire nei giorni scorsi, poi l’incontro tra Veltroni e il cardinal Tarcisio Bertone, e poi ancora le dichiarazioni della senatrice teodem Paola Binetti secondo cui «il registro civile a Roma è una cosa inaccettabile. Benedetto XVI si è espresso contro e se passa, qualcuno penserà che Veltroni non può governare la città del Papa». Per non parlare delle dichiarazioni offensive per la dignità delle migliaia di conviventi etero ed omosessuali romani del novello Pio IX vice-capogruppo del Pd di Roma Amedeo Piva, secondo cui quella del Registro è «una delibera inutile ed inopportuna» e chi si impunta «si scontrerà contro un muro invalicabile» (forse quello di Porta Pia?).
Tanto basta per creare un caso, ed il tutto alla vigilia della discussione in Commissione Giustizia al Senato sui Contratti di Unione Solidale, per l’approvazione dei quali Veltroni segretario ha speso in questi mesi, fin dalla campagna per le elezioni primarie, parole forti ed impegnative.
Alle parole però devono seguire dei fatti, pena il rischio forte di perdere in credibilità politica e di far perdere la faccia a quanti ancora si battono per affermare pienamente il principio di autonomia e laicità dello stato come «valore guida» del futuro Pd. E i fatti non possono certo essere il baratto tra la bocciatura esplicita del registro e l’approvazione di un blando documento che scarica al Parlamento la patata bollente dei diritti dei conviventi, come si vocifera in queste ore. Anche perché la Roma di Veltroni, rispetto a tanti altri comuni italiani - da ultimo Ancona - che da anni hanno varato strumenti di questo tipo, anziché svolgere un ruolo tra i comuni capofila, rischierebbe di essere semplicemente l’ultima ruota del carro. E questo di certo il Pd veltroniano, amante dei primati e dell’eccellenza, è l’unica cosa che non può permettersi.
Personalmente sono consapevole del valore prettamente simbolico dell’approvazione di un Registro a Roma e del fatto che la vera battaglia sarà quella che si svolgerà in Senato. Ma è anche del tutto evidente come le due questioni si tengano strettamente assieme per il fatto che la figura del Sindaco di Roma coincide con quella del segretario del Pd e con quella del probabile futuro candidato premier del centrosinistra. Questo mi porta a dire che è ormai indubbiamente arrivato il momento del redde rationem per la leadership di Veltroni e per la tenuta del Partito Democratico sul tema dei diritti dei conviventi e che non ce la si potrà cavare facilmente con compromessi al ribasso che rinviino il problema sine die.
Le strade che Veltroni ha a sua disposizione per esercitare la sua leadership a mio parere non sono che due: o investirà tutto sul segnale politico che si produrrebbe nel paese e sul Parlamento con l’approvazione del Registro da parte del Consiglio Comunale capitolino (segnale che potrebbe produrre effetti anche a lungo periodo nella prospettiva della futura campagna elettorale), oppure sarà costretto ad impegnare personalmente tutta la sua credibilità di leader politico nell’incerta battaglia del Senato, col rischio che pezzi consistenti del suo gruppo parlamentare possano non seguire le sue indicazioni compromettendo l’immagine dell’intero partito. Tertium non datur, pena l’avvio di una deriva clericale che segnerebbe la perdita definitiva di credibilità del Pd verso il mondo laico del nostro Paese.
Personalmente ritengo che la seconda strada sia - in una prospettiva di lungo periodo - la più impervia e pericolosa per lo stesso Veltroni, in quanto egli rischierebbe di diventare suo malgrado l’ultimo di una lunga serie di leader politici italiani che su questo tema hanno parlato al vento, venendo poi contraddetti dalle proprie maggioranze parlamentari. Lo sarebbe perché di fatto si consegnerebbe la leadership del segretario nazionale del Pd su un tema come questo in ostaggio a quella piccola pattuglia di senatori teo-dem che finora hanno impedito con azioni efficaci ogni tipo di decisione parlamentare sull’argomento. Al tempo stesso questa sarebbe indubbiamente anche la strada che potrebbe far conseguire i risultati migliori, cioè l’approvazione di una legge da parte del Parlamento, atto ben più importante di qualsiasi registro. Questo però a condizione che Veltroni riesca a dimostrare di saper imporre una condotta parlamentare anche a quei senatori più inclini alle indicazioni delle gerarchie di Oltretevere, impresa che i più giudicherebbero alquanto ardua.
Di certo Veltroni non può pensare di limitarsi a stare zitto e fermo. La «politica del semaforo» di guzzantiana memoria, infatti, è proprio quella che è stata perseguita finora in questi anni dai vari leader del centrosinistra e che costringe l’Italia all’impossibilità di varare quelle riforme civili come i Cus, il testamento biologico o una riforma della legge sulla procreazione assistita che altri paesi hanno varato da tempo.
La nuova stagione che molti si augurano di vedere all’opera dipende molto quindi dalle scelte che farà Veltroni nelle prossime ore. Non è più il tempo del «ma anche», ma è giunto il momento delle scelte. Ci aiuti Veltroni a non deludere le speranze e i sogni di libertà di quella maggioranza di italiani che vorrebbe vivere una nuova stagione di libertà.

* Componente Commissione Manifesto dei Valori Pd

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