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venerdì 9 novembre 2007

Le unioni di fatto nel matrimonio e la Cdl va all´attacco della Treccani.

(Alessandra Longo - La Repubblica) Andate alla voce "matrimonio" della Treccani e scoprirete che mentre il Parlamento italiano è ancora incartato tra ex Pacs, ex Dico, ora Cus (Contratti di Unione solidale), la Grande Enciclopedia Italiana ha già fatto i conti con la realtà, e con il dibattito europeo, decretando che il «riconoscimento giuridico» e la tutela delle unioni di fatto rispondono, «in uno Stato laico e democratico, a basilari principi di equità sociale». Apriti cielo, secondo il centrodestra, anche la Treccani è passata col nemico. È bastato che le agenzie di stampa riportassero ampi stralci della recentissima voce curata da Alessandra De Rose, per la settima appendice all´Enciclopedia (aggiornamento in due volumi diretto dal filosofo Tullio Gregory), ed ecco partire un imbarazzante fuoco di sbarramento proveniente soprattutto dalle trincee di Forza Italia e dell´Udc.

I curatori l´hanno spiegato chiaramente: non avevano, e non hanno, nessuna intenzione, parlando di coppie di fatto, «di intaccare in alcun modo l´istituto del matrimonio e il principio del favor matrimonii», la loro è una autorevole presa d´atto dei tempi che cambiano. Il matrimonio, visto dalla Treccani (ma anche da tutti i laici di questo Paese), non è l´unica «modalità prevalente di vita di coppia», come lo è stato fino alla metà del XX secolo. Col passare degli anni, leggiamo sulla Treccani, «la posizione di monopolio» è andata incrinandosi. Semplicemente si sono affermate forme «di costituzione della famiglia» diverse. La Treccani fornisce le cifre: le unioni di fatto sono passate dall´1,8 per cento (biennio ´94-´95) al 3,6 per cento del totale delle coppie nel 2001. Dati oggettivi, fenomeno sotto gli occhi di tutti come lo è, sottolinea l´Enciclopedia, la constatazione che solo pochi Paesi, tra cui l´Italia, sono indietro nel cammino di riconoscimento pubblico della famiglia di fatto con l´equiparazione giuridica alla famiglia di diritto, ossia quella fondata sul matrimonio. Analisi peraltro cauta che considera «lontana e, forse, considerate le condizioni sociali e culturali, neanche opportuna, l´introduzione di istituti "sconvolgenti" come il matrimonio tra gay».
Eppure, Isabella Bertolini, fedelissima del pluriammogliato Berlusconi, strilla indignata: «Anche la Treccani è diventata strumento di propaganda!». Le danno man forte Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, che parla di «una scelta fuori luogo fatta dall´Istituto diretto dal professor Francesco Casavola» e il forzista Maurizio Lupi, convinto di trovarsi di fronte ad una tipico caso di «genuflessione al laicismo». Barbara Pollastrini, ministro per le Pari Opportunità, in riunione con i suoi collaboratori, legge le dichiarazioni e si limita ad un commento amaro: «Ancora una volta la cultura e la società sono più avanti della politica e delle istituzioni, nell´analisi del senso comune, nella visione della società. Dobbiamo essere noi a colmare questo ritardo». Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione, sorride dell´indignazione degli avversari, di quel sospetto di una Treccani addirittura "comunista": «L´Enciclopedia fa il suo dovere, registra la realtà. Certo, alle gerarchie ecclesiastiche e ai teodem piacerebbe che rimanesse ferma al Medioevo».
È sera quando, negli uffici dell´Enciclopedia, arrivano telefonate, richieste di commento. Sconcerto, imbarazzo, fastidio.
Il professor Gregory liquida il surreale polverone: «Noi al servizio della propaganda? Respingo queste accuse al mittente. Noi garantiamo sempre il massimo livello scientifico e siamo sempre e solo al servizio della cultura».

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