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domenica 3 febbraio 2008

Nino Strano chiede cusa dopo gli insulti a Cusumano e i festeggiamenti per la caduta di Prodi.

Tre giorni in processione per il senatore pentito.

(Ettore Maria Colombo - La Nazione) Andrà in processione per le vie della sua Catania con un sacco bianco, cappuccio nero, cordone in vita e stemma dell’amatissima «Santuzza», cioè Sant’Agata, patrona della città, insieme a folle di devoti pellegrini. Ma le preghiere del senatore di An Nino Strano hanno una ragione in più. «A maggio dell’anno scorso ho rischiato di morire per una bruttissima malattia, l’acalasia esofagea e mi sono salvato dopo un’operazione rischiosa» confida. «Ho fatto voto a Sant’Agata, ora lo onoro». Storie di ordinaria devozione meridionale, se non fosse che Nino Strano —57 anni, catanese, un cursus honorum nella destra lungo come una quaresima — è lo stesso uomo finito sui giornali di mezzo mondo perché urlava «checca squallida» all’indirizzo del senatore Nuccio Cusumano. E perché ingurgitava mortadella e pasteggiava a champagne mentre cadeva il governo Prodi. «Esteta fottuto», «amico di troie, froci e travestiti», «amante del turpiloquio«: così si descriveva fino a ieri. Con Qn, invece, rivela ben altro profilo. «Sono cattolico. Credente e praticante. Anche se sono divorziato, un prete amico di famiglia mi permette di fare la comunione. Ho il culto della famiglia, penso sempre ai miei genitori scomparsi, ho un bel rapporto con la mia ex moglie, un figlio fiero di me». E anche per quello che è successo al Senato Nino si è pentito. «Ho chiesto scusa a Cusumano subito. Poi via email a tutti i senatori, a Prodi e al presidente Marini. Ma anche ai catanesi, comprando una pagina a pagamento — che mi è costata ben 5mila euro — su La Sicilia». Persino i particolari che ne hanno fatto un’icona, in quei giorni infuocati, per lui vanno riletti sotto un’altra luce: «Portavo il maglione rosso attorno al collo perché avevo mal di gola, gli occhiali da sole perché avevo dimenticato quelli da vista, la mortadella me l’hanno passata in aula, lo champagne pure». E le parolacce? «La debolezza di un momento». E un temperamento focoso.

A Catania hanno capito, pare. D’altronde Strano viene rieletto da trent’anni con il pieno dei voti: come consigliere e assessore comunale, poi deputato e assessore all’Assemblea siciliana, nel 2001 deputato e nel 2006 senatore. Nel partito, se il suo capogruppo Altero Matteoli lo ha rimbrottato, l’amicizia personale con Gianfranco Fini e Ignazio la Russa (catanese a sua volta) resta a prova di bomba. Strano sa già che verrà rieletto. Crede nella nascita «di un unico, grande, partito conservatore, fondato sui valori». Politicamente non si definisce più «fascista», ma culturalmente le sue letture sono Gentile, Cèline, Evola, Nietsche. Amante del cinema, della musica e del balletto, vorrebbe «l’immenso Zeffirelli, che mi onora della sua amicizia, senatore a vita». Le contraddizioni, però, continuano a inseguirlo: frequenta locali per omosessuali, ma rivendica rapporti rigorosamente etero. «Oggi sono single, dopo la fine di un grande amore» sospira. Ha presentato una proposta di legge per le coppie gay: «Ma non sono certo per i Dico, solo per l’agibilità di alcuni diritti» dice. Chissà se è per pentirsi di questi (e altri) peccati che per tre giorni il senatore sfilerà incappucciato invocando la Santuzza.

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