banda http://blografando.splinder.com

domenica 3 febbraio 2008

Scrittori gay. Leavitt, la mia Italia libertina e conservatrice.

L'autore di «Ballo di famiglia», icona della letteratura omosessuale, attacca l'America ma non fa sconti all'Europa. «Da voi gli eccessi convivono con la tradizione E anche i gay alla fine sposano una donna in chiesa»

(Alessandra Farkas - Il Corriere della Sera) «L'Italia mi manca moltissimo e me la sogno tutte le notti», racconta David Leavitt (a sinistra nella foto). «Mi mancano le prime colazioni al bar, i raduni in piazza dove tutti si conoscono, il macellaio che ti tiene i tagli speciali di carne, i profumi e le puzze per strada. Mi mancano persino il gossip e le rivalità decennali tra vicini».

Ma dopo aver vissuto nove anni a Semproniano, un paesino di 1.300 anime in Maremma, nel 2000 il quarantasettenne autore di La lingua perduta delle gru, Mentre l'Inghilterra dorme e — ultimo nelle librerie Usa — The Indian clerk (che sarà tradotto da Mondadori nei prossimi mesi) decise di tornare in America, insieme con l'inseparabile compagno e scrittore Mark Mitchell. «A un certo punto il mio sogno italiano diventò un incubo. Avevo più motivi per fuggire che restare. Non ne potevo più della corruzione, burocrazia ed economia sommersa: tutti rimasugli dell'era fascista».

Dopo tre anni di assenza, quest'estate Leavitt tornerà in Italia per partecipare alla Milanesiana, nell'edizione dedicata ai quattro elementi: acqua, fuoco, aria, terra. «Penso di scrivere un testo proprio su quest'ultimo», precisa. Un nuovo capitolo per uno scrittore che, fresco di laurea alla Yale University, debuttò nel 1983 con lo stellare successo di Ballo di famiglia, nominato ai premi Pen/Faulkner e National Book Critics Circle e subito osannato dai critici come «il capolavoro sulla dissoluzione della famiglia tradizionale».

Da allora Leavitt è stato definito tante cose: «scrittore ebreo», «gay», «minimalista», «espatriato ». «Nessuna di quelle etichette mi si addice, anche se riceverle vuol dire che parlano di me. E in un'era in cui la gente non legge più è un onore. Significa che i miei libri sono letti».

All'Università della Florida, dove insegna letteratura creativa e dirige la rivista letteraria Subtropics, Leavitt tocca con mano tutti i giorni il problema.

«Le fonti principali di cultura, per i miei studenti, sono la tv, i video, il cinema e Internet. Considerano la lettura un obbligo, non un piacere.

Il risultato è che le vendite della fiction sono crollate».

Eppure Leavitt dice di essere «sommerso» di manoscritti di aspiranti romanzieri. «In America oggi ci sono più scrittori che lettori — teorizza —. L'impulso confessionale è incredibile: tutti vogliono esprimersi, ma senza studiare».

Cosa pensa il guru della letteratura gay sul futuro di quel genere? «La maggior parte degli scrittori gay rifiutano quel termine. E a ragione, perché ormai viviamo nell'era post-gay. I giovani cresciuti guardando

Will & Grace hanno un atteggiamento molto casual e blasé sulla propria sessualità. I loro eroi sono Jonathan Lethem, Jonathan Safran Foer, Dennis Johnson e Colm Toibin». Ma se trent'anni di attivismo gay hanno rivoluzionato il volto della letteratura gay in Usa, in Italia la situazione è ben diversa. «Dopo Busi e Tondelli, chi altri possiamo citare? — si chiede Leavitt —. Forse pochissimi altri che, non essendo tradotti, qui nessuno conosce».

Eppure l'Italia è da sempre considerata la Mecca degli scrittori gay. «Dal 1880 alla Prima guerra mondiale tantissimi scrittori gay inglesi, americani e tedeschi si trasferirono nel Bel Paese per cercare la liberazione sessuale che non trovavano in patria — spiega —: Jacques d'Adelsward-Fersen e Axel Munthe a Capri, George Norman Douglas e Compton Mackenzie a Firenze. Ancora l'anno scorso André Aciman ha scritto una bellissima storia d'amore tra due uomini ambientata in Italia, Call me by your name — incalza — in cui racconta l'ideale anglosassone dell'Italia come terra di infinite possibilità sessuali e libertà». Ma il loro anelito si rivelerà fatalmente illusorio. «L'Italia era e continua ad essere molto libera negli atti sessuali ed estremamente conservatrice sul terreno dell'identità sessuale. Tanto è vero che tutti gli amanti gay hanno finito per sposarsi. In chiesa».

A proposito di chiesa, Leavitt si dice «sconcertato dal paradosso e dall'ipocrisia di una Chiesa cattolica guidata ai vertici da gay e lesbiche, ma che poi adotta una posizione ufficiale ferocemente anti-gay. L'accanimento anti-gay del Vaticano è un gesto difensivo volto a terrorizzare il gregge interno e soprattutto i preti molestatori di bambini — teorizza —. Penso sia il preludio di cambiamenti epocali all'interno del cattolicesimo. Che ha bisogno di modernizzarsi se non vuole chiudere bottega».

In uno dei suoi ultimi libri, L'uomo che sapeva troppo. Alan Turing e l'invenzione del computer, lo scrittore regala un appassionato tributo al genio della matematica e padre dell'informatica, morto suicida a 42 anni nel 1954 e considerato un martire della persecuzione contro i gay.

«Turing era gay in un'epoca in cui in Inghilterra ciò era considerato un reato punibile con il carcere e la castrazione chimica — racconta —. Non escludo che tale accanimento possa tornare anche oggi. Quando avevo 25 anni non avrei mai creduto che un giorno l'America sarebbe diventata un Paese di torturatori. Dopo l'11 settembre, Guantanamo e la nuova caccia alle streghe, tutto è possibile ».

L'Inghilterra di Turing non è molto diversa da quella di Stephen Spender, il famoso scrittore e docente di Oxford che querelò Leavitt per plagio. Il motivo: la sua autobiografia World within World del 1951 aveva audacemente raccontato della sua relazione con un uomo e il romanzo di Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, del 1993, ricalcava un po' troppo pesantemente la storia della vita di Spender. Il libro venne poi ritirato.

«Dietro lo scandalo credo vi fossero le pressioni della moglie di Spender, preoccupata dalle implicazioni del libro nei suoi confronti. È stata una grande lezione sul cambiamento di attitudini generazionali. Ciò che per me e i miei coetanei era bello e naturale evidentemente non lo era per Spender, che viveva in maniera contraddittoria e distorta la propria omosessualità. La legge inglese sull'editoria non è libera e democratica come quella americana».

La disputa ha finito comunque per beneficiarlo.

«Ha ispirato il mio lavoro migliore: The term paper artist. Il libro, una satira su uno scrittore che sta "guarendo", dopo essere stato maltrattato dai media e dai colleghi, fu censurato come troppo osé da Esquire, proprio alla vigilia dell'uscita in edicola di un estratto. Il nuovo scandalo contribuì ovviamente a trasformandolo in un bestseller ».

Le polemiche hanno inseguito lo scrittore con Il corpo di Jonah Boyd, ma per motivi completamente diversi. «Era il mio primo romanzo senza un personaggio gay e i critici rimasero di stucco. Ma io mi sono meravigliato ancor più di loro del loro stupore». Se potesse scegliere un altro periodo storico in cui vivere Leavitt non sceglierebbe «il secolo di Oscar Wilde, un uomo che incarna la doppiezza dell'Inghilterra vittoriana e edoardiana ». La sorte, invece, l'ha fatto nascere negli anni Sessanta e diventare adulto negli Ottanta. «L'era dell'Aids — spiega —, il cui impatto sulle arti e soprattutto sulla letteratura è paragonabile a quello della Prima guerra mondiale. Anche allora tantissimi scrittori morirono giovani e non sapremo mai quanto grande sarebbe diventata la loro opera se fossero vissuti».

«Come coi morti nell'immediato dopoguerra, anche oggi nessuno vuole più parlare dell'Aids— si lamenta Leavitt —. Il tema è passato di moda. Un'assurdità che forse spiega il boom della malattia tra i giovani».

Il parallelo tra Olocausto e Aids? «Pericoloso e falso — replica —. Niente e nessuno potranno mai essere paragonati alla Shoah».

Sphere: Related Content

Nessun commento: