(L'Unità) La “pillola del giorno dopo” e i farmaci che inducono l’aborto sono «medicine legali» e non possono essere negate. Il ministro della Sanità Livia Turco, nelle interviste apparse questa mattina su alcuni quotidiani, accoglie le parole pronunciate ieri da Papa Benedetto XVI a favore di una «obiezione di coscienza dei farmacisti» come «una riflessione di tipo pastorale, fa però notare che «quando si parla di legge la sovranità appartiene al Parlamento». «È giusto che richiami i giovani a una sessualità matura e responsabile», dice il ministro Turco. Ma aggiunge non è accettabile il monito ai farmacisti «a opporsi con l’obiezione di coscienza sulla pillola del giorno dopo», la Ru486. «I farmaci prescritti dal medico devono essere disponibili, non possono essere negati», precisa ancora. «La legge non prevede l’obiezione di coscienza dei farmacisti e credo - sostiene la Turco - che le norme siano sagge». Sarebbe infatti impossibile stabilire su quali farmaci si possa applicare l’obiezione di coscienza. E se dovesse passare questo principio si scatenerebbe, da parte delle persone, una caccia selvaggia alle farmacie dove non lavorano farmacisti obiettori. Con un evidente intromissione nelle regole del mercato, oltre che in contravvenzione della legge. Tra l’altro - precisa il ministro - non esistono farmaci che incentivano l’aborto e l’eutanasia nella farmacopea ufficiale.L’Agenzia europea del farmaco, - spiega ancora il ministro - assieme alle strutture pubbliche degli Stati membri della Ue, autorizzano la prescrizione ed il consumo di prodotti sottoposti a rigorose validazioni scientifiche e cliniche. Non mi risulta che l’Agenzia europea (Emea) abbia mai autorizzato farmaci che abbiano scopi immorali.
«C’è una cosa che questo Paese dovrebbe imparare - sottolinea Turco - Non è possibile che ogni volta che il Papa parla succeda un terremoto«. Il ministro poi esprime condivisione sull’educazione alla sessualità posta da Ratzinger, «ma da qui - afferma - all’obiezione di coscienza dei farmacisti ce ne corre».
Quanto alla Ru486, non ancora registrate e commercializzata in Italia, Livia Turco riferisce che non c’è ancora stata una richiesta da parte di un’azienda e che se avverrà sarà «in base alle regole del commercio dei farmaci in Europa non per scelta politica». «Spero che il dibattito che ne seguirà sia sereno», conclude.
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