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sabato 27 ottobre 2007

Relativismo secondo Ratzinger: L’Osservatore Romano contro Openoffice.

Oltre a ficcare naso e mani nelle mutande oggi la chiesa lo ficca anche nei pc.

(Lamerotanti blog) La scelta di installare sul proprio computer la suite Openoffice, è frutto di un “relativismo dei valori”, che risulta “inaccettabile soprattutto se questi riguardano l’utilizzo di materiale informatico, anche di una certa entità”. Lo afferma l’Osservatore Romano per il quale “nel vuoto legislativo, una tale posizione, significa orientare fatalmente il legislatore verso l’open source”. Inoltre, sottolinea la nota vaticana, “introdurre il concetto di pluralismo dei valori significa aprire una zona vuota dai confini non più tracciabili”.

“Attribuire a ognuno una potestà indeterminata sull’installato delle proprie applicazioni” avrebbe infatti per l’Osservatore Romano “delle conseguenze facilmente immaginabili, anche solo ragionando dal punto di vista etico”. Al giornale del Papa appaiono inoltre “evidentemente confutabili” anche le premesse della decisione di affidarsi a “formati aperti, e non solo moralmente”.

“Nessun esperto potrebbe” spiega il quotidiano vaticano “allo stato attuale, dichiarare l’irreversibilità dello stato di una installazione open source, se non in base a una scelta puramente soggettiva”. Infine, “sulla scelta di Openoffice l’arbitrarietà appare palese: la scelta di accettare le condizioni di un non meglio specificato ’software libero’, non può evidentemente essere presa a parametro per presumere la volontà di una persona riguardo a scelte come quelle che riguardano la memorizzazione di dati informatizzati e l’accettazione di strane desinenze tipo punto odiesse”.

Nell’articolo, l’Osservatore cita il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, che ieri “pur non entrando nel merito della vicenda”, ha ricordato che il software proprietario “va difeso sempre”. “In ogni suo momento, si può aggiungere, poiché - conclude la nota - sulla licenza stessa, e sulla sua interruzione, nessun uomo ha alcuna signoria”.

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