Letta in chiave politica sembra un’operazione di finanza rossa: diversa però dal tentativo di due anni fa condotto dall’Unipol di Giovanni Consorte. Quella scalata aveva una forte impronta dalemiana, testimoniata dagli strascichi giudiziari della faccenda. Questa, caso mai, può essere vagamente collocata nel giro veltroniano: con il segretario del Pd simpatizza il presidente del Mps, Giuseppe Mussari, e antidalemiani (nonché anti-Unipol) furono a suo tempo altri sponsor del Montepaschi, a cominciare da Franco Bassanini.
Ovviamente sarebbe riduttivo dare una rilevanza solo politica al takeover. L’Mps era rimasta da sola e doveva prima o poi fare la propria mossa, chiudendo di fatto quel risiko auspicato anche da Mario Draghi, governatore di Bankitalia. Ma non c’è dubbio che il Pd avrà nel nuovo gigante del credito un interlocutore attento, e viceversa. Così come Romano Prodi ha da sempre una sponda nell’Intesa-San Paolo di Giovanni Bazoli e Corrado Passera; così come, ancora, sono dichiarate le simpatie uliviste di Alessandro Profumo, numero uno dell’Unicredito.
Insomma, la sinistra non ha più “una banca”, ora può vantarne ben tre, e sono le principali d’Italia. Solo che, a differenza di Piero Fassino e di Massimo D’Alema, non lo dice e non se ne vanta (sopratutto al telefono).
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