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sabato 10 novembre 2007

Abbiamo una banca”, stavolta è vero.

Compagni, che volete di più?

(Galapagos - Il Manifesto) E’ nata ieri una grande banca democratica. Nel senso di Partito democratico: l’azionista di riferimento sono i Ds. La nuova banca nasce con l’acquisto da parte del Monte dei Paschi di Siena dell’Antonveneta. Ricordate il «facci sognare» - ancorché ironico - con il quale telefonicamente D’Alema accolse la notizia fornita da Consorte che l’Unipol era in procinto di comprare la Bnl? Quell’affare fallì e le code giudiziarie non mancano. Però il sogno si è realizzato. Ora anche la sinistra ha una sua superbanca e per di più inattaccabile perché, dicono gli esperti, il Monte dei Paschi non è «contendibile»: l’azionista di maggioranza (la Fondazione Montepaschi) ne ha un controllo quasi assoluto fino a quando il comune di Siena rimarrà (auguriamoci a lungo) nelle mani della sinistra senese targata D’Alema.
C’è da scommettere che questa volta nessuno oserà aprire bocca. Il riferimento non è al centro-destra che sicuramente avrà da ridire, ma a quella parte del Pd che in occasione del tentativo di scalata della Bnl da parte dell’Unipol da ridire ne ebbe parecchio. Anche se l’Italia è piena di banche popolari «bianche» per il colore (il biancofiore) di riferimento politico passato.
Con l’acquisizione di Antonveneta da parte di Rocca Salimberni (la sede del Montepaschi) il sistema bancario italiano diventa un sistema «chiuso» dominato da un oligopolio nel quale tre sole banche controllano oltre il 60% del credito totale. Chi crede nella bontà della libera concorrenza avrà da dolersi. Ma, ci dicono, il sistema bancario deve necessariamente crescere, perché chi è piccolo viene inevitabilmente «mangiato» dalla concorrenza. Il problema è che un po’ tutto sta diventando grande e oligopolistico: l’energia, il settore chimico e farmaceutico, la distribuzione sempre più grande e nelle mani di pochi gruppi, per lo più stranieri. E’ la globalizzazione, ci dicono. Sarà, ma un po’ schifo lo fa.
Quattro anni fa l’Antonveneta era una bella banca appetibile. Aveva molti occhi addosso. Anche quelli del Montepaschi. Ma non se ne fece niente. E Antonveneta finì nel mirino di Fiorani e dei furbetti del quartierino dai quali, prudentemente, Montepaschi si tenne alla larga, al contrario di Antonio Fazio, ex governatore di Bankitalia che faceva il tifo per l’italianità della banca. Come è finita è noto: qualcuno in galera, Antonveneta acquistata dall’olandese Abn Amro. Ma dopo pochi mesi il cacciatore è diventato preda e alcune settimane fa l’Abn (e quindi Antonveneta) è finita nella mani di tre banche, tra le quali il gruppo spagnolo Santander che l’ha ricevuta in dote. Insomma, siamo al mercante in fiera. Ma la cosa peggiore è il progressivo allontanamento delle banche (sempre più impegnate a giocare con gli hedge fund) dal territorio.Speriamo non accada per l’Antonveneta, radicata nel Nord Est, un po’ di destra e xenofobo, ma vitale.
Insomma, compagni: abbiamo una grande banca, una assicurazione (Unipol) e siamo al governo. Che vogliamo di più dalla vita?

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