L’8 novembre scorso la
National Portrait Gallery di Londra ha inaugurato una nuova esposizione di sessanta scatti provenienti da tutto il mondo, un mix di storie, culture e stili che ben rappresentano il nuovo modo di intendere il ritratto. Vip e starlette riempiono i giornali, ma le foto che catturano davvero lo sguardo di spettatori abituati alle immagini sono i volti di gente comune. Persone, specchi di emozioni ed esperienze. Il contrasto di immagini a colori e in bianco e nero, scattate in analogica o in digitale, attraverso le tecniche più diverse è il frutto di
Photographic Portrait Prize 2007, il concorso da cui questa mostra prende vita. E che quest’anno è alla sua quinta edizione. L’idea è quella di offrire una vetrina di grande e riconosciuta fama a giovani fotografi, studenti e appassionati che sperano nel grande salto professionale. E lo cercano in tanti: quest’anno alla segreteria del premio sono arrivati 7.000 lavori mandati da 2.700 autori. Di certo anche i 12.000 puond del primo premio sono stati un’ottimo incentivo.
Tra i tantissimi partecipanti l’ha poi spuntata un fotografo non proprio novellino e sconosciuto: si tratta infatti di Jonathan Torgovnik. Il nome dice poco, ma il 38enne fotoreporter nato in Israele (dove è diventato fotografo per l’esercito) collabora già con i più importanti quotidiani del mondo, come il Newsweek, il Sunday Times Magazine e Paris Match. Il campo di battaglia è stato una bella gavetta per Torgovnik che ora vive negli Stati Uniti ed è diventato testimone di tante altre storie in tutto il mondo. La fotografia con cui ha vinto il premio arriva dal Rwanda e s’intitola Josephine (foto in alto). Josephine è una bellissima donna raffigurata, anzi immortalata fra le sue due figlie. Josephine è il sibolo di una guerra (una delle tante) e di un contrasto interiore che nessuna donna e madre vorrebbe provare: la sua prima figlia è nata dall’amore di suo marito, la seconda dall’odio che con estrema violenza le ha portato via tutto, uomo, dignità e vita.
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