(Queerblog) E’ uscito a settembre il corrispettivo al maschile de “Il diavolo veste Prada“. L’autore di questo nuovo libro che racconta i retroscena delle più grandi riviste americane è Toby Young, ex redattore di Vanity Fair.
In questo romanzo, dal titolo appunto “Un alieno a Vanity Fair” vengono descritti, con nomi e cognomi (e non tramite nomi di fantasia come ha fatto Lauren Weisberger chiamando il suo ex capo, Anna Wintour, Miranda Pristley), le più importanti figure del giornalismo
patinato e modaiolo (tra cui Candace Bushnell, l’autrice della rubrica “Sex&the city”), oltre che fatti noti e meno noti degli anni 90. In questa specie di “sputtanamento” e svilimento di tutto il mondo che ruota intorno alle riviste Condé Nast, abbiamo trovato un capitolo dal titolo “Non sufficientemente gay”. Abbiamo pensato di condividerlo con voi.
In questo capitolo l’ex redattore di Vanity racconta di quella volta che andò ad intervistare l’attore comico Nathan Lane. La prima domanda che pensò di fargli era come mai non avesse mai dichiarato di essere gay. L’attore a questa domanda chiese al giornalista di andarsene e non ha voluto più proseguire l’intervista. Tornando in redazione il direttore di Vanity Fair, il celebre Graydon Carter, gli disse: “Non puoi chiedere a un divo di Hollywood se è gay o ebreo. Dai per scontato che lo sia d’accordo?“. Da questo episodio l’autore del libro inizia un dettagliato resoconto sull’influenza dei gay all’interno di Vanity Fair e anche del numero di gay velati di cui è popolato anche il mondo del giornalismo e della moda (tanto per tornare ai discorsi che facevamo qualche giorno fa). Ecco un abstract:
Vanity Fair e l’ambiente che lo circonda sono popolati da un gran numero di omosessuali, ma sono curiosamente pochi quelli dichiarati. Per la maggior parte di loro è una cosa di cui non si discute e basta, almeno non in presenza di eterosessuali. In qualità di Mafia di Velluto di Hollywood preferiscono conservarlo come un segreto di Pulcinella. Si può star certi che nessun divo gay sarà mai svelato su una rivista Condé Nast. Il personale della Condé Nast dal 1959 non è molto cambiato. L’unico cambiamento significativo degli ultimi 40 anni è l’ascesa degli omosessuali. I direttori sono di norma eterosessuali ma i reparti grafici, fotografici e della moda sono roccaforti gay. E’ soprattutto attraverso le testate della Condé Nast che gli omosessuali esercitano un potere culturale che va oltre la loro consistenza numerica. In larga misura sono loro a stabilire ciò che si ritiene di buon gusto nell’America contemporanea. Uno dei segreti della Condé Nast è la quantità di gay che leggono GQ. Temono che se si venisse a sapere allontanerebbe i lettori etero. Una ricerca su Glamour del 1992 dimostrò che il 18% dei lettori era gay o bisex.
Cose che si sanno e cose che è bene sapere. Cose di cui si è già parlato molto e interessanti pettegolezzi di corridoio. Uno spaccato di una realtà che somiglia molto a quella italiana dove ci sembra che le cose vadano nello stesso modo. I gay direzionano mode e tendenze ma è più vantaggioso non pubblicizzarlo troppo. Tutti lo sanno ma è come un dato di fatto da non sottolineare. Voi cosa ne pensate? (N.B. Anche di questo libro verrà presto realizzato un film).
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