(Queerblog) C’è una mostra fotografica che sta facendo un piccolo tour nelle Americhe, pur essendo stata partorita una trentina di anni fa sulle sponde asiatiche del Pacifico. “The park” – questo il titolo – rivela un lato dark e nascosto della Tokyo degli anni ’70 attraverso gli scatti in bianco e nero del fotografo giapponese Kohei Yoshiyuki. Dopo essere stata esposta alla galleria Yossi Milo di New York, la mostra approderà il 22 novembre alla galleria Doug Udell di Vancouver.
Il tema sono gli incontri sessuali notturni, gay e non, nei parchi della capitale nipponica. Potete vederne un estratto in questa gallery e in questa.
Yoshiyuki, armato di camera 35mm, pellicola a infrarossi e flash, ha immortalato coppie clandestine e non, scene di cruising, guardoni, sesso di gruppo e persino tentativi di stupro.
Quello che affascina e sconvolge è il carattere intimo, delicato, delle figure colte in un momento di abbandono e privacy – quasi delle macchie luminose nell’oscurità – ma anche la violenza delle pulsioni primarie, quando la civiltà della luce diurna cede il posto alla bestialità della notte.
Per decenni i gay sono stati solo questo: clandestinità e oscurità. Come se gli omosessuali fossero esseri gotici nascosti nei bassifondi della società, pronti a uscire allo scoperto al calar delle tenebre. Le vampiresse del pompino libero.
Ai giorni nostri, dopo anni di visibilità, pride e lotte, siamo diventati le suffragette del pompino istituzionalizzato. Lungi da me indugiare in sciocche nostalgie, ma forse – e dico forse – l’immagine dell’omosessuale integrato e tesserato all’Arcigay, che paga le tasse e si lamenta per uno Stato che non gli riconosce diritti, ha perso la propria metà oscura, quella “anarchica” e “poetica” delle foto di Kohei Yoshiyuki.
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