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lunedì 12 novembre 2007

Tho, chi si rivede. Albertini da Strasburgo:"Va spezzata la casta degli enti lirici".

La denuncia. Con la corporazione degli orchestrali ci vuole uno scontro vero, non ceda ai ricatti.

(Rodolfo Sala - La Repubblica, edizione di Milano - foto di Marco Brescia) «Lissner tenga duro, con la corporazione degli orchestrali ci vuole uno scontro vero. La Scala può rinascere solo dopo un grande show down, ma la premessa è non cedere ai ricatti, compreso quello dello sciopero alla Prima del 7 dicembre». Parla Gabriele Albertini, per nove anni sindaco, quindi presidente del consiglio di amministrazione scaligero, e da qualche giorno membro del cda dell´Orchestra Simphonica Toscanini.

Onorevole Albertini, dunque la sua guerra contro gli orchestrali continua...
«Le rispondo con delle cifre. La "Toscanini", di cui non ho accettato la presidenza che pure mi era stata offerta, ma solo per i miei impegni di parlamentare europeo, ogni anno dà in tutto il mondo un´ottantina di concerti, che costano una media di 120mila euro ciascuno. Alla Scala spendono cinque volte tanto».

Forse il paragone è un po´ improprio.
«Per carità, la nostra non è un´orchestra lirica, anche se raggiunge livelli artistici di eccellenza. In ogni caso qui non c´è lo scandalo che ho scoperto alla Scala».

Sarebbe?

«Gli orchestrali pagati a prescindere dal numero di concerti che tengono. Possono farne uno o due l´anno, o anche nessuno, ma a ciascuno viene considerato il 60 per cento delle presenze minime previste per il contratto».

La Scala è un carrozzone?
«Orchestrali di altissimo profilo artistico. Questi professori signori sono molto bravi, purtroppo anche a gestire i propri privilegi. Nel libro La casta manca un capitolo, quello degli enti lirici».

Non è che ai suoi tempi andasse molto meglio.
«Certo che no, anche se la giunta preceduta da un semplice "amministratore di condominio" è riuscita a ristrutturare il teatro tirando fuori la bellezza di 180 milioni di euro di finanziamenti in conto capitale. La targa dell´inaugurazione l´hanno già tolta due volte, speriamo che non succeda ancora: credo di no, perché Lissner l´ha fatta incollare al muro, ma - lo dico con autoironia - se accadesse è perché non sopportano che sulla nuova Scala ci sia il cartiglio di quel Faraone...».

A proposito, che cosa pensa di questo sovrintendente?
«Tutto il bene possibile. Del resto l´ho proposto io, su suggerimento di Bruno Ermolli, poi approvato dall´intero cda: un francese, un professionista non pescato nel cestino della casta. Sono in totale sintonia con Lissner quando sostiene che non si può derogare alla regola che vieta di dare corso al contratto integrativo se prima non è stato rinnovato quello nazionale. Su questo non deve cedere di un palmo, e se a Palermo o in altre città hanno seguito una strada diversa, hanno scelto l´illegalità: qui si parla di soldi pubblici, non bisogna dimenticarlo».

Lissner non ceda ai ricatti: anche a costo di mettere a rischio la Prima?
«È un´ipotesi che io non auspico, ma la minaccia di uno sciopero il 7 dicembre come al solito provocherà immobilismo. Ci saranno fior di intellettuali che si schiereranno dalla parte degli orchestrali per salvare la Prima, si dirà che non si può rischiare una figuraccia proprio alla vigilia della decisione sull´Expo del 2015, fioccheranno gli inviti a non dare schiaffi... «.

E invece?

«Invece un bel ceffone va dato. Dopodiché penso sia possibile affrontare il problema sul serio, magari tenendo chiuso il teatro per sei mesi».

Ma lei non ha nulla da rimproverarsi come principale amministratore della Scala?
«Ho chiesto invano i poteri speciali per saltare tutti i passaggi e le pastoie tipiche di questo sistema corporativo. Non me li hanno dati, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. È anche per questo, per la mancanza di un potere monocratico in grado di intervenire in modo deciso, che abbiamo perso in un colpo solo il sovrintendente Fontana e il maestro Muti».

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