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venerdì 30 novembre 2007

Cinema. Tom Cruise: La lunga notte della Valchiria.

Tom Cruise nei panni di un ufficiale tedesco contro Hitler. 'L'espresso' svela la storia meglio custodita di Hollywood. E che cambia l'immagine della Germania.

(Emiliano Carpineta - L'Espresso) Polemiche, veleni, diktat, divieti, boicottaggi e contrordini. 'Valkyrie' è un film diretto da Bryan Singer ('Superman Returns') sul fallito attentato contro Adolf Hitler, il 20 luglio 1944, organizzato da un gruppo di congiurati, guidati dall'aristocratico prussiano, eroe della guerra, il colonnello Claus von Stauffenberg. Ha protestato il primogenito di Stauffenberg, Berthold, perché a recitare nel ruolo di suo padre è stato chiamato Tom Cruise, un adepto di Scientology, una setta considerata in Germania pericolosa in quanto farebbe il lavaggio di cervello ai suoi adepti. Cruise non sarebbe all'altezza, etica, di Stauffenberg senior. Poi è stata una valanga di prese di posizioni, pro e contro il film, le autorità hanno tergiversato se concedere alla troupe di girare negli edifici governativi di Berlino (autorizzazione concessa). Nel frattempo, parte della pellicola è stata misteriosamente distrutta, mentre il set di Berlino è stato teatro di incidenti con comparse ferite. Tutto questo per un progetto, la cui sceneggiatura è stata definita dalla 'Frankfurter Allgemeine Zeitung': "Il segreto meglio custodito di Hollywood". Un top secret che 'L'espresso' è in grado di raccontare nei dettagli.

La prima sequenza ci proietta all'antefatto della cospirazione di Stauffenberg. Siamo a Smolensk, in Russia: è il 13 marzo 1943. Sul fronte orientale un attentato ai danni di Hitler, orchestrato dal generale Henning von Trecskow (Kenneth Branagh), è fallito. Vediamo Hitler arrivare a Smolensk in aereo (su cui è stata piazzata una bomba mai esplosa), lo sentiamo parlare, possiamo osservare il suo assaggiatore di cibo provare le pietanze. Lo spettatore viene introdotto nell'atmosfera di paranoia, follia, grandezza e tragedia.

A questo punto, cambia il teatro di guerra. Siamo in Tunisia.
Qui combatte per il Reich il conte e colonnello Claus von Stauffenberg, ufficiale della decima divisione Panzer. Il distinto aristocratico, bello, alto, slanciato, perde l'occhio sinistro, la mano destra e due dita di quella sinistra. Uno choc. Tornato in Germania, Stauffenberg con i suoi famigliari riflette sui destini del Paese in mano a Hitler. Intuisce che la guerra è perduta. Teme che i tedeschi dovranno pagarla cara per i crimini compiuti. Diventa antinazista (o forse lo è già stato, l'aristocrazia che guidava la Wehrmacht non ha mai avuto fiducia nel Führer, caporale, austriaco, plebeo). Così Stauffenberg prende contatto con un gruppo di oppositori che si propone di eliminare il dittatore. Il loro scopo: trattare con gli alleati per porre fine alla guerra. Della cospirazione la mente operativa è proprio Stauffenberg. La sua idea è riscrivere gli ordini dell'Operazione Valchiria, un piano top secret per mobilitare le riserve in caso di emergenza, piano ideato da Hitler per soffocare ogni agitazione, proprio in un caso come questo.

Riparati dalla penombra della foresta, Stauffenberg e i suoi complici effettuano le modifiche procedurali dell'Operazione Valchiria che dovrebbero consentire loro di ottenere il controllo delle truppe e dare vita al colpo di Stato. Intanto Stauffenberg è informato di essere stato promosso a una posizione gerarchica che gli consente di avere accesso al ristretto circolo interno di Hitler. È l'occasione che aspetta e ne informa i congiurati, che lo eleggono esecutore materiale dell'attentato. È il 6 giugno 1944 e le forze alleate sbarcano in Normandia, la liberazione dell'Europa occupata dai nazisti è iniziata. Il primo meeting a cui Stauffenberg è convocato ha luogo il 15 luglio 1944 nella Wolfschanze, la tana del lupo, il quartier generale di un Hitler sempre più paranoico, nella foresta della Prussia orientale. A questa punto la sceneggiatura sembra quella di un thriller. È il gioco degli sguardi cui lo spettatore è chiamato a partecipare. Entrato nel bunker, Stauffenberg nota l'assenza di Heinrich Himmler, capo delle SS. Il piano è abortito: inutile uccidere Hitler, senza assassinare Himmler, che prenderebbe il posto del Führer.

Ma ecco, poco dopo, arriva la scena clou. È il 20 luglio 1944. L'Armata rossa ha liberato mezza Polonia e si sta avvicinando alla Germania. La tragedia si sta consumando. Hitler convoca una riunione dello Stato Maggiore. Stauffenberg ha deciso: effettuerà il suo piano, indipendentemente da chi sarà presente. Prima ci si sbarazza del Führer e meglio è per la Germania, che il colonnello si illude di poter ancora salvare. Stauffenberg parte in aereo, porta con sé una borsa con due ordigni muniti di detonatore a scoppio ritardato. Ma la riunione è anticipata di mezz'ora perché Hitler attende l'arrivo di Benito Mussolini. Stauffenberg chiede di appartarsi con il pretesto di dover cambiare la camicia. E mentre prepara la carica, Stauffenberg è interrotto dall'arrivo di un sergente che lo sollecita a fare presto. Stauffenberg esce quindi con una sola bomba (e non due) nella valigetta. Ma lo attende un'altra sorpresa, il briefing non si terrà nel bunker chiuso, ma in una baita con porta e finestre spalancate: una situazione che smorza l'impatto di una carica esplosiva. Il colonnello non si dà per vinto. Sottolineando di avere l'udito menomato a causa delle ferite di guerra, chiede di essere posto vicino a Hitler. Appena seduto, posa la borsa accanto alla gamba destra del dittatore e, con il pretesto di una telefonata urgente, si allontana. Improvvisamente, con una deflagrazione, la baita crolla come un castello di carte. La camera fa vedere Stauffenberg che, superando i posti di blocco, riparte per Berlino convinto di aver ucciso Hitler.

A questo punto lo spettatore vede tutto con gli occhi del generale Erich Fellgiebel (un altro cospiratore): gli si presenta un Hitler zoppicante, stordito, con abiti a brandelli, che viene allontanato dalle rovine fumanti della baita. Intanto i cospiratori a Berlino, investiti da notizie contraddittorie, decidono di non intraprendere alcuna iniziativa. È solo nel pomeriggio che un furente Stauffenberg dà l'ordine di dare il via all'Operazione Valchiria. Edifici governativi e stazioni-radio vengono presidiati e circondati. Ma il complotto è stato scoperto e il ministro della Propaganda, Joseph Goebbels, riesce a convincere il comandante delle guardie ad accettare solo ordini autorizzati da Hitler. Stauffenberg, condannato a morte (come gli altri), prima di esalare l'ultimo respiro, urla orgoglioso: "Lunga vita alla sacra Germania!". Un eroe tardivo?

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