Internet si è sviluppata in un clima di sostanziale auto-regolamentazione e questo per molti versi è stato un bene: ha permesso alla rete di crescere dal basso e via via riadattarsi in linea con i bisogni della sua base di utenti. Ma ora le cose stanno decisamente cambiando. Di giorno in giorno, la rete diventa un’arena sempre più centrale per il business e la politica. Spesso dell’attuale deregolamentazione finisce con l’avvantaggiarsene chi vuole limitare, piuttosto che proteggere, i diritti e le libertà degli utenti. Ecco perché, spiega Stefano Rodotà, componente del Comitato italiano per la governance di Internet e principale ispiratore della proposta di Rio, “la formula del Bill of Rights ha forza simbolica, mette in evidenza che non si vuole limitare la libertà in rete ma, al contrario, mantenere le condizioni perché possa continuare a fiorire. Per questo servono garanzie costituzionali”.
Certo, la strada è tutta in salita: ancora non sono per niente chiare le modalità e gli strumenti per arrivare alla definizione della Carta costituzionale. Come è giusto che sia, si tenterà il percorso della partecipazione dal basso, magari con un coinvolgimento attivo delle Nazioni Unite. Speriamo solo non ci vorranno tre secoli e un altro evento traumatizzante.
VIDEO: Stefano Rodotà sull’Internet Bill of Rights
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