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martedì 13 novembre 2007

Pedofilia: Cassazione, dura condanna per chi visita i siti web.

(Affari italiani) Il comportamento di chi accede a siti pedopornografici e versa gli importi richiesti per procurarsi il prodotto "è altrettanto pregiudizievole di quello dei produttori" e per questo va punito duramente, anche con il carcere. Lo sottolinea la Cassazione, confermando una sentenza della Corte d'appello di Milano, che aveva condannato a un anno e sei mesi di reclusione un 67enne accusato di detenzione di materiale pornografico. Contro tale verdetto, aveva proposto ricorso il difensore dell'imputato, deducendo l'illegittimità costituzionale della normativa applicata nel processo: secondo il legale, infatti, "il bene tutelato, che è quello del diritto ad un'infanzia serena, è certamente cospicuo, ma non si può, esprimendo un'istanza solo moralistica, condannare un uomo solo perché si compiaccia di scene pornografiche o pedopornografiche, quando non abbia in alcun modo partecipato alla realizzazione del prodotto o non ne ritragga un vantaggio economico e, soprattutto, non lo divulghi".

La Costituzione, ricordava il penalista nel suo ricorso, "nel sancire la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, tutela entro certi limiti il diritto di disporre liberamente della propria sessualita'" e "se, perciò, la sessualità di un soggetto si trovi ad essere gratificata attraverso la lettura di un fumetto pornografico che ritragga minori non può essere in alcun modo censurata". Di tutt'altro avviso la Suprema Corte (terza sezione penale, sentenza n.41570), che ha concluso per il rigetto del ricorso: "la legge 269/98, essendo volta ad offrire una tutela privilegiata ed esaustiva del minore, sanziona - spiegano i giudici di piazza Cavour - sia l'offerta di materiale procurato tramite lo sfruttamento sessuale dei minori, sia la risposta a quell'offerta, configurandosi come due facce dello stesso fenomeno".

Qualsiasi espressione della propria personalità e libertà, sostiene la Corte, può essere considerata "costituzionalmente garantita nella misura in cui la sua esplicazione non comporti danno per altre persone, specialmente se si tratti di soggetti incapaci di difendersi e impossibilitati ad operare delle libere scelte". Secondo la Cassazione, infatti, "è indubbio che tutta l'attività organizzata ai fini della produzione, diffusione e messa in commercio di certe immagini, esiste e si perpetua solo perché vi è a monte una domanda: un pubblico - si legge nella sentenza - di consumatori che intende acquistare e detenerle". Per questo, "del tutto legittimamente", conclude la Suprema Corte, "il legislatore punisce anche quelle condotte che concorrono a procurare una grave lesione alla libertà sessuale e individuale dei minori coinvolti".

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