(Viviana Mazza - Corriere della Sera) Faceva il medico. Nel test di ammissione all'Università di Teheran era risultata 26esima su centinaia di candidati. Dopo la laurea aveva cominciato a fare volontariato nelle zone rurali più disagiate di Hamadan, una provincia a ovest di Teheran. Il 12 ottobre, alle 10 del mattino, è stata «sorpresa» in un parco a passeggiare con un ragazzo di nome Hamid. Zahra Bani-Ameri, 27 anni, viene arrestata per «immoralità». Ventiquattro ore dopo, viene trovata morta in cella.
La morte di Zahra, avvenuta un mese fa, è diventata un caso. Suicidio, come affermano le autorità, oppure omicidio? Il caso è scoppiato nel pieno di una campagna governativa, approvata dalla Guida suprema Ali Khamenei, che mira a reprimere i comportamenti e l'abbigliamento «immorali» con un rigore senza precedenti nel-, l'ultimo decennio. Mentre la stampa riformista e la famiglia della ragazza chiedono ancora giustizia, ieri il quotidiano conservatore Jomhouri Eslami ha pubblicato un nuovo «decalogo», emanato dalla polizia per assicurare che i costumi dei cittadini, dall'abbigliamento agli atteggiamenti, siano morigerati.
Il 12 ottobre Zahra era stata condotta in una prigione della provincia. Dieci ore dopo i genitori vengono informati, ma non autorizzati a vederla. Viene trovata impiccata poche ore dopo, nella notte del 13 ottobre. Causa della morte: «pressione al collo».
«È un suicidio», secondo le autorità carcerarie. Ma la famiglia non ci crede e nemmeno la stampa riformista. In una lettera, il patire racconta come lui e la figlia siano stati umiliati dalla polizia. Protesta il papa, perché Hamid, al contrario di sua figlia, fu rilasciato su cauzione: suo padre sarebbe un funzionario del governo e pare che il ragazzo lavori per la tv di Stato. La stampa ha scritto anche che la ragazza avrebbe usato un «poster propagandistico» per impiccarsi: e, si chiede, come poteva entrarne in possesso, se era rinchiusa? C'è pure chi suppone che Zahra sia stata stuprata dalla polizia e per questo si sia tolta la vita.
«Sono tutte supposizioni, ma c'è un fatto: Zahra era una ragazza molto istruita, molto intelligente, non era una persona debole. Non si sarebbe uccisa se non per una situazione estrema creata dalla prigione. Torture, forse uno stupro», dice al Corriere l'avvocatessa iraniana Mehrangiz Kar. Fuggita dall'Iran dopo essere stata in carcere nel 2000, ha seguito il caso da Boston e ne ha scritto. Studenti dell'Università di Hamadan hanno protestato e chiesto alle autorità spiegazioni sulla morte di Zahra. Il deputato Hamid Reza Haji-Babai ha detto al sito riformista Asr Iran: «Il suo è stato un arresto ingiustificato. Continuerò a seguire il caso per fare chiarezza». Kar però non può fare a meno di pensare all'esito di casi precedenti: «Gli omicidi degli anni '90 e quello della giornalista iraniana-canadese Zahra Kazemi in prigione hanno scosso la coscienza pubblica. Ma la sicurezza e la magistratura iraniana hanno ignorato le richieste pubbliche di giustizia».
Non retrocede di un passo la polizia iraniana: ieri ha avvertito, anzi, che continuerà la campagna moralizzatrice avviata lo scorso aprile, diretta alle donne che non si coprono interamente da capo a piedi in pubblico. Ha annunciato nuove misure. Nella «collezione autunno-inverno» dei censori di Teheran, oltre ai soprabito aderenti e ai pantaloni bermuda già messi all'indice, è ora vietato indossare «gli stivali, se non sono coperti dai pantaloni», «i cappelli, berretti o scialli, al posto del velo se non coprono completamente il collo e la testa», e «il trucco troppo pesante». Il decalogo pensa pure ai maschi: proibisce di «indossare modelli di abiti corrotti o occidentali, con in vista il nome di marche o simboli di gruppi deviati». Durante gli 8 anni di presidenza del riformista Mohammad Khatami, a partire dal 1997, le restrizioni erano state allentate. Molte ragazze iraniane si sono abituate a girare indossando stretti coprabito, striminziti foulard, occhiali firmati e tacchi vertiginosi. Ma gli ultraconservatori del presidente Mahmoud Ahmadinejad sono passati al contrattacco. E Khamenei la scorsa settimana ha incoraggiato la polizia a continuare a reprimere i «vizi sociali», dando così il suo appoggio alla campagna. In sei mesi, solo a Teheran 180 mila «bambole occidentali», come le chiamano le autorità, sono state avvertite, multate, arrestate. Una ventina di giovani fermati per immoralità, tra cui due omosessuali, sono stati impiccati. Deputati ultraconservatori hanno chiesto la chiusura dei negozi Benetton, Dolce&Gabbana, Vuitton e Dior. E la polizia se l'è presa con i parrucchieri che fanno acconciature occidentali.
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