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sabato 3 novembre 2007

Non è in crisi la famiglia ma la chiesa.

(Trotzky) Agli interventi sulla eccessiva autorità del papa a discapito del collegio dei vescovi e gli aspetti salienti della dottrina della chiesa cattolica si è aggiunto di recente quello di un teologo svizzero sulla rigidità delle sue posizioni per quanto riguarda la sessualità.
Nel suo bestseller, "Il mondo della coppia e della famiglia che cambia", Christopher Gellner sostiene che la chiesa non può pretendere ancora di perseguire un modello di vita unitario, come la famiglia tradizionale, nella quale i ruoli di marito e moglie sono nettamente delineati.
La famiglia non è in crisi, come vogliono farci credere le gerarchie ecclesiastiche più attaccate alla tradizione, anzi è in evoluzione, a causa del moderno modo di produzione che, costringendo i giovani a girare il mondo, per acquisìre una adeguata formazione professionale e conquistarsi un posto al sole, li ha convinti a dare il minor spazio possibile alle loro relazioni affettive.

In crisi è la chiesa, che ancora non si è resa conto che il loro variegato mondo è una risorsa per la società. Oggi ci sono coppie omosessuali, coppie di conviventi con o senza figli, coppie sposate che si sono proposte di non mettere figli al mondo per favorire la loro affermazione professionale, coppie separate in casa, famiglie con un solo genitore in seguito a divorzio, venir meno o fuga all'estero dell'altro, famiglie allargate per nuovi matrimoni con persone di nazionalità diverse, appartenenti a etnìe diverse, che seguono altre religioni o parlano altre lingue.
Il farsi e il disfarsi sempre più frenetico di tutte queste nuove e ognora diverse relazioni affettive ha spezzato il monopolio che la chiesa aveva assegnato al matrimonio tradizionale, come dimostra il suo vistoso calo dell'ultimo decennio.

Dal momento che il convivere ha perduto tutta la sua sacralità, se vuol capire le esigenze dei credenti, la chiesa deve aprirsi alla multiforme vitalità degli odierni rapporti sociali. Chi si trova in difficoltà va aiutato, non osteggiato. Nessuno ha il diritto di condannare i suoi simili senza prendere nemmeno in considerazione i suoi problemi.

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