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sabato 3 novembre 2007

Il razzismo che alberga nel centro sinistra.

(Culture metropolitane) Il razzismo che alberga nei cuori e nella mente del centro sinistra non è più una cellula dormiente ma esce allo scoperto e lancia il guanto di sfida ai conservatori italiani, in previsione forse di prossime elezioni politiche, scavalcandoli a destra. Che la destra italiana fosse razzista lo si sapeva ma che lo fosse in egual misura e forse anche di più il centro sinistra questo non lo si sapeva, o almeno io non lo sapevo.
E questa sfida che trasforma un delitto individuale nell’annuncio di un repulisti di massa, viene annunciata dal neo segretario del partito democratico, uolter. Lo fa in una conferenza stampa che costringe il governo a trasformare in un decreto una parte del pacchetto sicurezza che era soltanto un disegno di legge.
Una presa di posizione e una decisione razzista, appunto. Alla quale fa eco immediatamente la dichiarazione di Gianfranco Fini che pone delle condizioni precise per votare il decreto che assegna ai prefetti il potere di espellere i cittadini comunitari: “Se viene inserita una norma che prevede l’espulsione, oltre che per chi delinque, anche per chi non ha reddito e mezzi di sostentamento legale”.

Ieri due quotidiani di orientamento politico diverso avevano due editoriali stranamente assonanti.
“Servirebbe più Zavattini di «Miracolo a Milano» che Veltroni del cinema in festa” scrive Gabriele Polo su Il Manifesto e gli fa eco dalle colonne del quotidiano di via Solferino, Il Corriere della Sera, Sergio Romano: “Spiace ricordarlo, soprattutto in questo momento, ma il delitto di Roma è «soltanto» un delitto, particolarmente efferato ma pur sempre uno dei tanti che affollano le statistiche criminali di qualsiasi paese europeo… Ma la denuncia del «pericolo romeno», presente nelle parole di Veltroni, rischia di rafforzare prevenzioni ingiuste e pregiudizi xenofobi… Il governo ha diritto di cacciare gli indesiderabili, ma deve dire chiaramente al Paese… che i «desiderabili», nelle file dell’immigrazione, sono la stragrande maggioranza e meritano di essere accolti come tali.”

I due editorialisti affrontano poi temi diversi. Il primo, Gabriele Polo, si sofferma sullo stato di salute in cui versano le nostre periferie, e lo fa in maniera diretta: “Forse sarebbero bastati un paio di lampioni su quella strada, per evitare a Giovanna Reggiani il buio e l’orrore in cui è stata trascinata”, Sergio Romano invece si dedica ai risvolti politici che l’intervento del segretario del pd pone: “Nelle scorse ore l’emozione del delitto di Roma ha permesso a Veltroni d’imporre la propria linea. Che cosa accadrà del governo quando le sue proposte si scontreranno con le posizioni dei partiti massimalisti e metteranno Prodi in serio imbarazzo?”

Ma davvero la sicurezza dei cittadini è diventato un problema esclusivamente di polizia e l’unica politica possibile è quella della tolleranza zero?
Ma davvero siamo destinati a vivere in un paese dove la destra e la sinistra propongono gli stessi rimedi contro la violenza, le violenze in genere?

Viviamo una condizione che diventa sempre più precaria e in una società sempre più in preda alla paura. Paura innanzitutto degli altri, dei diversi, degli estranei al nostro gruppo. È una sorta di mutazione genetica, quasi antropologica quella che stiamo attraversando. Abbiamo smesso di porci domande e pensiamo che sia sufficiente dare delle risposte preferibilmente autoritarie senza affrontare nel merito i problemi.

La violenza fa parte della società contemporanea, di una società tutta basata esclusivamente sul consumo e sull’apparire più che sull’essere. È la società che noi abbiamo costruito. Una società fatta più di ombre che di luci. Una società di periferie degradate. Dove il degrado riguarda la condizione umana e le infrastrutture. Una società violenta, dove si rinnova l’esercizio dell’onnipotenza maschile sul corpo di una donna.

Di fronte a tutto ciò qual è la risposta che offre il nostro governo? Tolleranza zero.
No, non mi sembra la strada giusta. Almeno non mi sembra la sola strada da seguire.

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