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sabato 3 novembre 2007

Ancora sull'articolo di Nardini: In nome collettivo.

(Vecchi froci) Daniele Nardini scrive su gay.it un’opinione che non condivido. Naturalmente il “fatto” è vero: nel mondo del battuage i romeni sono ormai, in Italia, un pericolo costante. Non da oggi: l’anno scorso ho dato aiuto a uno che era stato picchiato e rapinato, dopo essere stato avvicinato con una proposta seduttiva. Come si può immaginare, all’idea di andare dai carabinieri, che gli proposi, il nostro colloquio ebbe rapida fine. Su questo non ci piove: i casi di gay che hanno subito la stessa sorte è altissimo. Così com’è vero che le aggressioni alle donne, nelle grandi città, a opera di romeni si stanno moltiplicando - il caso di Roma è solo la punta estrema.

Ma se cominciamo anche noi, nel nostro “specifico”, a ragionare per nazionalità “che delinquono più di altre” diamo un piccolo contributo alle “spedizioni punitive” (ormai si usa senza paura il linguaggio dei primi anni ‘20, una volta si vergognavano) dei fascisti contro gente che fa la spesa - è successo ieri sera a Roma.

Non sarebbe meglio dire che proprio noi, che conosciamo quanto devastante possa essere la violenza quando sa che sarà impunita (per nostra scelta), crediamo che vadano colpiti gli individui che delinquono e non le categorie? Certo, per colpire i singoli responsabili ci vogliono denunce e testimonianze. Ma noi spesso (spesso?) non ne abbiamo il coraggio: e allora ci rifugiamo nella speranza che li deportino tutti, che qualcuno faccia il lavoro sporco per noi.

E’ quello che succede in questo momento dovunque in Italia. Deportateli tutti, così non dovremo guardare l’onesto che subisce un sopruso e i bambini in braccio alle madri che fuggono da un campo della periferia di Roma.

E’ un brutto momento quello in cui si chiede a una entità collettiva e anonima, lo stato, di “vendicarci”. E noi non siamo migliori dei padri di buona famiglia impauriti.

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