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sabato 17 novembre 2007

Milano: Sexy massaggi, record dei locali cinesi.

Nei «centri estetici» esposte le foto delle ragazze disponibili. Il «tuina», nato in Oriente, si espande a macchia d'olio. Dipendenti pagate con le percentuali sugli incassi. La polizia: controlliamo.

(Michele Focarete - Il Corriere della Sera) «Mi fa vedere il book?». Una domanda fatta da un signore di mezza età, abito grigio senza cravatta, entrato nel posto sbagliato. Il book è il catalogo con foto di massaggiatrici cinesi. E il locale un negozio con due vetrine a una ventina metri da quello sbagliato. «Da quando, la scorsa estate, hanno aperto il centro di massaggi orientali, spesso vengono da noi a chiedere il book». Lo dice allargando le braccia la titolare di un solarium di viale Abruzzi. «Qui si bada all'estetica, book di ragazze con gli occhi a mandorla non l'abbiamo ». Il locale «incriminato» è tra gli ultimi nati della grande famiglia dei negozi dove si pratica il tuina, il massaggio cinese. Solo la scorsa estate, in meno di due mesi e a distanza di un centinaio di metri l'uno dall'altro, ne sono sorti quattro. Ma la ragnatela copre l'intera città. In breve tempo si è sparsa a macchia d'olio. E quello che prima veniva esercitato esclusivamente in appartamento, ora lo si può trovare in vetrina.

Con tanto di cartello e spesso con la foto di una belloccia in primo piano. Per la polizia, però, è tutto regolare. Anche se rimane il sospetto che certi massaggi siano troppo audaci. «Abbiamo presente il problema — dicono alla Mobile — ma proprio perché stiamo parlando di esercizi commerciali sulla strada, il rischio che possano incappare in controlli è molto più alto. Sono loro stessi che vengono da noi a dirci come vanno le cose. Se una ragazza cerca di arrotondare andando oltre il lecito, viene cacciata». Qui, però, oltre al book, si entra solo per appuntamento telefonico e, all'interno ti imbatti in scatoloni che contengono esclusivamente tanga per uomini. Le cinesine sono quattro, dicono di non parlare l'italiano e rispondono direttamente ad un connazionale. Non ci sono aromi orientali nell'aria e neppure le tazze di porcellana con il profumo di ginger tea di benvenuto all'ospite. Non siamo in Cina, dove i ritmi sono più lenti e la gestualità è più femminile. Ma dalla patria del Dragone, come per altre attività, si sono importati l'idea e il business. E, per farlo rendere, sempre su viale Abruzzi, trovi un altro centro massaggi cinese: sui quattro gradini che conducono all'ingresso, ci sono ragazze vestite di rosso che ti invitano ad entrare.
«AAA massaggiatrice cinese ti aspetta», è ancora un classico nei giornali d'annunci. Anche Lolò, 27 anni, di Pechino «ti aspetta». Non solo in appartamento. Ora ci sono i negozi. In bella vista. Così in certe vie di Chinatown, a Lambrate, Città Studi, in Centrale, attorno a Mac Mahon, le mani affusolate di giovani orientali non stanno mai ferme: nei negozi, infatti, l'orario è spesso continuato fino a tarda sera, domeniche comprese. Mai un riposo. Il padrone del centro pensa a tutto: vitto, alloggio e lavoro. Lui incassa e lei prende una percentuale su ogni massaggio. Più la «mancia» dal cliente. Le tariffe? Dieci euro per una riflessologia plantare, 20 per mezz'ora su tutto il corpo. Lisa ha un volto segnato dal tempo. Un velo di rossetto. I capelli corvini raccolti all'indietro forse nel tentativo di nascondere quelli bianchi e due grandi occhi neri, cerchiati dalle occhiaie. Ha la voce roca, profonda, di chi fuma o deve aver fumato molto. Indossa jeans e una camicetta bianca con un solo bottone slacciato. Non pratica, ma gestisce. Si avvicina quasi con timidezza e, sempre con timidezza mista ad una ancestrale reverenza, ti invita a scegliere tra le ragazze libere in quel momento.

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