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sabato 17 novembre 2007

Questione celibato: laici scrivono al Segretario di Stato Vaticano.

A un anno di distanza esatto dalla decisione del Papa con i Cardinale Capidicastero di “Riaffermare il valore del celibato per i preti”, don Giuseppe Serrone dell’Associazione sacerdoti lavoratori sposati ha diffuso una lettera di laici inviata al Cardinale Bertone.

“Mi permetto di rivolgermi a Vostra Eminenza, a nome e per conto del Movimento laico che in questa sede rappresento, con la speranza che V.E. possa di ciò farsi tramite e portavoce, presso il Santo Padre. Scrivo in merito alla questione del celibato dei sacerdoti”.
Sono le frasi iniziali di una lettera che alcuni laici hanno inviato al Cardinale Bertone il 27 Agosto 2007. Nel testo della lettera si afferma:

“E’ noto infatti che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non risale alla lettera del Vangelo, e quindi alla predicazione di Gesù, bensì alla metà del XVI secolo (Concilio di Trento).
Nella Bibbia (I Lettera a Timoteo, Cap.3), si parla del matrimonio dei Vescovi, e del matrimonio dei Diaconi, ma non si accenna al celibato.
Gesù stesso scelse i suoi Discepoli e Apostoli indipendentemente dal fatto che avessero o meno una famiglia, senza con ciò ordinare loro di “divorziare”, come condizione per seguirlo, ma solo di lasciare i loro beni materiali.

Ogni giorno constatiamo, attraverso questi sacerdoti che hanno dei figli e una compagna, che ormai l’obbligo del celibato andrebbe senz’altro riconsiderato, anche alla luce di un nuovo comune sentire, di una diversa sensibilità, che è andata emergendo negli ultimi decenni, la quale tende a valorizzare la nostra umanità nella sua integrità, e non demonizza più la naturale espressione della vita di coppia, spesso indispensabile per la maturità e l’equilibrio della persona.
E, in effetti, ogni essere vivente creato, anche il più piccolo, è stato dotato da Dio della facoltà di procreare. Quale autorità può impedire questo ad una persona?
La verginità quindi non può essere imposta da altri, ma deve essere esclusivamente frutto di una libera scelta personale, da rinnovare in ogni momento.
Del resto, la via della santità non è una sola, né si identifica con quella della vita consacrata: davanti a Dio tutti noi possiamo essere santi, se lavoriamo per la vigna del Signore.

Con questo obbligo del celibato - storicamente forse giustificato - si va oltre quanto stabilito da Dio, imponendo in termini assoluti quanto stabilito dagli uomini.
Non si vede infatti cosa ci sia di male se questi sacerdoti, che vogliono servire Dio, possono avere una Famiglia, e ciò conformemente alla legge naturale, che vede nella Famiglia il primo nucleo della Chiesa di Dio.
La castità, che Dio chiede, non è forse quella dell’anima?
Ed è ben noto che la castità deve essere di tutti, anche dei coniugati.

Non si può ignorare, infatti, come certe forzature portino ad accentuare i problemi della fragilità umana, con le conseguenze di scandali e apostasie che sono sotto gli occhi di tutti”.

I laici autori della lettera trovono giusto, e con loro la stragrande maggioranza dei fedeli, che i sacerdoti si possano sposare, anche per evitare, almeno in parte, i gravissimi episodi di pedofilia, soltanto in minima parte noti.
Un cambio della legge per consentire ai tanti Don Paolo Curtaz e ai tanti Don Sante Sguotti, di seguire Dio avendo una Famiglia, come desiderano almeno altri ottomila sacerdoti nelle loro condizioni.
Non si ha il diritto di distruggere la Chiesa in nome di una proibizione storica.

Gli autori della lettera scrivono anche sulle problematiche dei risposati nella Chiesa:
“la scelta - molto sofferta da tanti fedeli - da parte della Chiesa, di negare la santa comunione ai divorziati, soprattutto ai poveri, non tanto ai ricchi e ai politici.
A tale proposito, un Vescovo che vive a Roma, non molto tempo fa, mi disse una frase significativa: “noi seguiamo le pecore da tosare, e non quelle tosate!”.
Non sembra questa la carità di Dio, che invece, nel comune sentire, è amore, perdono, guarigione.
Come possono queste persone ricevere tali grazie?
Se Dio appartiene a tutti, nessuno può decidere chi può e chi non può riceverle.
Non è con i divieti, infatti, che si salvano le anime.
In tal modo si rischia di allontanare sempre più le persone dalla Chiesa, e di fare il gioco del nemico: in questo, però, si devono riconoscere precise responsabilità anche da parte delle alte gerarchie, che, pur essendo colte, non riescono a capire le sofferenze e i disagi dei poveri, che sanno solo pregare”.
Gli autori concludono affermando: “agli occhi della gente, ma anche di Dio, sono più puliti i sacerdoti sposati o che convivono, purtroppo di nascosto, rispetto ai pedofili che vengono protetti e che continuano a celebrare la santa messa, come se niente fosse, come se a loro tutto fosse concesso. Viene da chiedersi cosa abbia fatto Dio, per meritarsi di essere così rappresentato, dato che ogni nostro comportamento lo rappresenta. E ogni giorno, per questo, è da temere il giudizio di Dio”.

Comunicato Stampa Sacerdoti Sposati 16 novembre 2007, e pervenuto a Notiziegay.

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