La mutilazione dei genitali non è una pratica confinata all'Africa. Sulla scia del fenomeno migratorio verso l'Europa, infatti, anche i medici svizzeri si trovano confrontati con donne e ragazze che hanno subito l'escissione.
(Swissinfo) Unicef Svizzera ha eletto l'8 marzo – giornata internazionale della donna – a giornata di solidarietà contro la mutilazione genitale femminile. I due genitori hanno ammesso i fatti, ha indicato venerdì la procura zurighese in una nota. Il procuratore Michael Scherrer ha precisato all'agenzia ATS che li rinvierà a giudizio alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo per lesioni gravi. I fatti risalgono al 1996. I due somali avevano sottoposto la figlia di due anni all'operazione al loro domicilio, nell'Oberland zurighese. Un medico ha constatato il fatto lo scorso settembre durante una visita alla ragazza ormai tredicenne e ha informato le autorità tutorie, che hanno presentato denuncia. I due genitori, entrambi 45enni, sono stati arrestati il 22 ottobre. Oggi sono stati rilasciati dal carcere preventivo. Uno dei motivi per cui sono stati trattenuti in detenzione era di accertare chi è stato coinvolto nell'operazione, ha precisato Scherrer. Egli ritiene che questa sia stata effettuata da una persona di origine somala, ma dato il lungo tempo trascorso non è più stato possibile risalire ad essa.
Fino a dieci anni di carcere
Secondo Alexandra Rosetti, responsabile dell'informazione di Unicef Svizzera (Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia), si tratta del primo procedimento giudiziario nel paese per un caso di mutilazione genitale. Il codice penale commina per le lesioni gravi fino a dieci anni di carcere. La ragazza avrà diritto a un patrocinatore legale, ha precisato Scherrer. Un procedimento per escissione del clitoride è noto anche a Ginevra. Esso è stato tuttavia condotto all'estero, dopo che una madre aveva denunciato nel 2004 il padre delle due figlie. Le due bambine erano state rapite dal genitore e ritrovate dalla madre dieci anni dopo, ad operazione avvenuta. L'Istituto internazionale dei diritti del bambino (IDE) con sede a Bramois (Vallese), che l'anno scorso aveva denunciato l'esistenza di questa pratica anche in Svizzera, saluta il lavoro della Procura zurighese. «Il caso zurighese conferma che escissioni sono fatte anche in Svizzera, cosa che non siamo mai riusciti a provare finora», ha detto all'ATS Paola Riva Gabany, giurista e direttrice aggiunta dell'IDE. Per l'istituto, il fatto che sia stato un medico ad allarmare le autorità è molto importante. I dottori hanno infatti un ruolo molto importante nella prevenzione, ma molti di loro temono di tradire la fiducia professionale. «È tuttavia l'interesse superiore della bambina che deve avere il sopravvento», afferma Paola Riva Gabany.
Lacune nella legislazione elvetica
Un anno fa Unicef Svizzera aveva denunciato il fatto che il diritto elvetico non protegge a sufficienza le bambine dalle mutilazioni genitali e aveva invitato la Confederazione a modificare le norme in vigore. Le mutilazioni genitali femminili si dividono in quattro categorie. Ai sensi del codice penale svizzero, due di esse, l'escissione e l'infibulazione, sono lesioni gravi. Una perizia giuridica eseguita dall'università di Friburgo mostra invece che l'incisione e altre pratiche sono considerate soltanto lesioni semplici. Secondo l'Unicef, il codice penale svizzero dovrebbe proibire esplicitamente il ricorso alle mutilazioni genitali, cosa che faciliterebbe considerevolmente la prevenzione e l'abolizione di tali usanze. swissinfo e agenzie
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