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sabato 17 novembre 2007

Salvo il giovane omosessuale iraniano condannato a morte. Ahmadinejad gli concede la grazia.

Il presidente Ahmadinejad e i giudici iraniani concedono la grazia al giovane gay Makvan Mouloodzadeh.

La Petizione per la vita di Makvan e la "Campagna dei Fiori per la Vita in Iran" - promosse dal Gruppo EveryOne e sostenute dall'Irqo, dalla Commissione Internazionale per i Diritti GLBT e da Amnesty International - ottengono lo storico risultato.

"Una sensazionale vittoria per i Diritti Umani," commentano Malini, Pegoraro, Picciau (Gruppo EveryOne) e Paula Ettelbrick della Commissione Internazionale per i Diritti GLBT. Il giudice iraniano che ha annullato la condanna al patibolo ha definito la precedente sentenza "una violazione dei precetti islamici e delle leggi morali terrene".

Il 2 novembre 2007 il Gruppo EveryOne promuove in tutto il mondo, attraverso siti internet, network e organi di stampa la campagna "Flowers For Life in Iran": http://www.petitiononline.com/everymak/. Si tratta di una petizione per la vita del 21enne gay iraniano Makvan Mouloodzadeh, accusato del reato definito "Lavat", sodomia, dal codice penale islamico e condannato a morte. Il ragazzo avrebbe commesso il "crimine" quando aveva solo 13 anni. Con la collaborazione di Arsham Parsi - membro sia del Gruppo EveryOne che dell'associazione IRQO, per i diritti GLBT in Iran - gli attivisti del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau, Glenys Robinson e Ahmad Rafat preparano un dossier sul caso del giovane condannato e avviano un'azione per la vita di Makvan e contro le esecuzioni in Iran di nuova concezione, già sperimentata con successo durante la campagna contro la deportazione in Iran della donna lesbica Pegah Emambakhsh. La campagna infatti invita cittadini di tutte le nazioni a sottoscrivere una petizione e contemporaneamente a inviare al Presidente Ahmadinejad, attraverso i servizi di spedizioni floreali internazionali, una rosa bianca e una rossa, con un messaggio: "La rosa bianca per il rispetto dei Diritti Umani del giovane omosessuale Makvan e di tutti i dissidenti, delle donne, dei liberi pensatori, degli omosessuali condannati come 'nemici di Allah'; quella rossa per dire no al sangue di vittime innocenti, versato sui patiboli approntati per le condanne capitali". la Campagna dei Fiori riscuote subito un notevolissimo riscontro in tutti i Paesi del mondo libero. "Le due petizioni hanno ottenuto più di mille firme in pochi giorni," commentano i leader del Gruppo EveryOne, "e centinaia di rose hanno raggiunto il palazzo del presidente Ahmadinejad, in Pasteur Avenue, a Teheran. A ogni gruppo di due fiori era unito un invito: sì alla clemenza, no alla pena di morte". Nei giorni successivi la parte liberale e progressista del mondo islamico raccoglie l'invito del Gruppo EveryOne e fa propria l'azione pacifista; decine di attivisti e personalità politiche di Turchia, Arabia Saudita e altri Paesi arabi inviano email, lettere e fiori al presidente e ai giudici dell'Iran. L'attivista turco per i diritti GLBT Hakan Yildrim definisce così la campagna: "E' un'azione pacifica per la vita di persone innocenti, nel rispetto del Corano. Un'idea geniale". Numerosi parlamentari svedesi di diversi partiti - Liberali, Verdi, Radicali - inviano fiori e richieste di grazia a Teheran: Gunilla Wahlen, Mats Pertoft, Camilla Lindberg. Il 5 novembre The International Gay and Lesbian Human Rights Commission affianca il Gruppo EveryOne e l'Irqo raccogliendo altre adesioni e inviando una lettera al governo della Repubblica Islamica. Il giorno successivo aderisce alla campagna Amnesty International, amplificando l'eco della petizione per la vita di Makvan. Pochi giorni dopo il capo del Dipartimento di giustizia iraniano, Ayatollah Seyed Mahmoud Hashemi Shahrudi, annulla la condanna a morte Makvan Mouloodzadeh, definendola "una violazione degli insegnamenti islamici, del codice Sciita e delle leggi morali terrene". "Questa è una sensazionale vittoria per i Diritti Umani e una riprova del potere della protesta globale," ha detto Paula Ettelbrick, direttrice esecutiva del gruppo IGLHRC, al fianco del Gruppo EveryOne, del'Irqo, di Amnesty International e di altre organizzazioni di attivisti nella Campagna dei Fiori. "E' una vittoria di tutti," commentano i leader del Gruppo EveryOne, "dei movimenti per la vita e per la pace, ma anche dell'Islam, perché il giudice iraniano ha mostrato più attenzione verso le petizioni umanitarie di quanto non mostrino solitamente gli stessi governi dei Paesi democratici. L'effetto della mobilitazione internazionale è stato più importante della vuota retorica dei potenti organismi internazionali, che faticano a superare interessi e burocrazia, lasciando inattuate le basilari disposizioni riguardanti la tutela delle minoranze deboli, del diritto di asilo e delle urgenze umanitarie. EveryOne è stata il motore di un nuovo impegno per i Diritti Umani, un impegno che si sta trasformando in un grande movimento internazionale per la vita e contro i pregiudizi. Si rende ora necessariio che i potenti non perdano questa oportunità di cambiamento e inizino a dialogare con il movimento, alla ricerca di soluzioni indispensabili per garantire un futuro di pace e convivenza al pianeta Terra, sempre più vicino a catastrofi umane e ambientali di proporzioni inimmaginabili".

Per il Gruppo EveryOne, Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau, Arsham Parsi, Ahmad Rafat, Glenys Robinson, Salvatore Conte, Irene Campari, Steed Gamero, Fabio Patronelli, Laura Todisco, Loredana Marano, Aisha Ayari, Alessandro Matta, Saimir Mile, Stellian Covaciu, Christos Papaioannou, Udila Ciurar, Lilì, Jasmine.

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