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sabato 17 novembre 2007

La Destra «vuole» San Babila: è nostra.

L'annuncio Santanchè sceglie la piazza per manifestare. Ma La Russa: l'Msi non stava là.

(Marco Cremonesi - Corriere della Sera) «Tutte le manifestazioni della Destra, e non saranno poche, si svolgeranno in San Babila. Questo è un luogo nostro, un simbolo di quello che siamo stati». Daniela Santanchè, neo portavoce del movimento di Storace, stuzzica nostalgie ambigue. Quello che può suscitare la piazza milanese che per qualche anno fu simbolo del neofascismo più militante, della «caccia ai cinesi», dei gruppuscoli che nascevano e morivano intorno a una spedizione punitiva. Il crocevia in cui si mescolarono figli di papà danarosi, cupi extraparlamentari nazisteggianti, veri e propri delinquenti. E di cui un Giorgio Almirante in doppiopetto, tanto per evitare equivoci, vietò la frequentazione ai missini a partire dal 1973. Ma il punto, secondo Santanché, è un altro: «Non è nostalgia per quegli anni, né reducismo, né di certo neofascismo. Tutto si può attribuirmi, tranne simpatia per le leggi razziali. Ma in San Babila s'incontrarono anche ragazzi che furono la nostra gente e incrociarono la nostra storia. Credo sia giusto ricordarsene».

Chi di certo non ostenta nostalgie pur essendo stato un protagonista di quegli anni è Ignazio La Russa. Quasi non ne vuole parlare: «È pericoloso avventurarsi in questi percorsi per chi certe cose le ha soltanto orecchiate. Daniela è una che si documenta sempre, forse stavolta ha avuto poco tempo... ». Poi, però, rompe gli argini: «San Babila in una prima fase fu la necessità di mantenere delle aree della città libere dall'occupazione dei giovani di sinistra. Bar che si potessero frequentare senza rischiare di prenderle. Poi, diventò qualcosa che nessun giovane dell'Msi avrebbe dovuto frequentare. Ma riparlarne oggi in questi termini... c'è un limite». Nel 1974 era già finito tutto. Tanto che Riccardo De Corato, il vicesindaco di Milano arrivato dalla Puglia proprio quell'anno, di San Babila ricorda «soprattutto grandi fughe per non essere pestati dai katanghesi o magari dalla polizia».
Il barone nero Tommaso Staiti racconta che la piazza «nacque poco prima del '68, quando io e Franco Petronio pensammo che i ragazzi che si riunivano al bar Motta potessero contrastare il clima montante. Poi, in ogni locale della zona nacque un gruppo, alcuni venivano dalla sede della Giovane Italia trovata dal senatore Nencioni in corso Monforte». Poi però, secondo Staiti, «l'Msi si spaventò, spostò la sede altrove e quelli che rimasero, fecero storia a sé. Ricordo un dirigente di allora, finito poi nella malavita, che scrisse un comunicato alla questura a nome di un gruppetto, firmandolo "sede provvisoria, portici di San Babila"». Ma la riabilitazione di Daniela Santanché? Il barone scoppia a ridere: «Con questa, ho davvero sentito tutto».

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