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martedì 27 novembre 2007

Lerner intervista Niki Vendola. Vendola: «Per fare la Sinistra ribaltare le categorie del '900».

Il governatore della Puglia "ospite d'onore" all'Infedele di Lerner non cade in trappola «lo leader? Il leaderismo sarebbe un brutto inizio per la casa rossa».

(Angela Mauro - Liberazione) Questa puntata sarà incentrata su Nichi Vendola, che in molti vedono come futuro leader della sinistra unita...». Gad Lerner fa il suo mestiere, cerca la notizia, ma da uno come Vendola non l'avrà. 0 meglio non avrà le notizie che seguono i codici della spettacolarizzazione della politica. Ospite all'Infedele su La7, in un salotto tv che vedea ccomodati anche personaggi come Armando Cossutta e Imma Battaglia di Gay Project, tra le gigantografie di falci e martelli e scritte "La Sinistra", il governatore della Puglia non cade nella trappola. Leader? «Se il cammino della "cosa rossa" o "casa rossa", come la chiamo io, cominciasse dal leader comincerebbe con il passo sbagliato». Fuori dagli studi, la scena politica si muove, Berlusconi fonde Forza Italia in un altro partito, si siede al tavolo delle riforme con Veltroni, ma tutto questo per Vendola rende semplicemente più stringente il tema del "fare la sinistra"". In tutti i sensi.
«Scegliere un leader ortodosso come me, sarebbe una scorciatoia: sono vecchio, vado verso i 50 anni, ho 35 anni di militanza politica alle spalle, sono intriso delle categorie del'900... », non si stanca di ripetere, esattamente come ha fatto un mese fa, anche tra la gente che lo salutava quasi fosse la Madonna alla manifestazione del 20 ottobre a Roma. Le categorie del '900, invece, la sinistra dovrebbe guardarle con «spirito critico»: ricordarne i meriti, perché comunismo e socialismo hanno portato «battaglie di libertà e risultati straordinari», ma anche le catastrofi, «perché - dice Vendola - non si può dimenticare Polpot e il genocidio in Cambogia...». Fare «battaglia culturale» contro vecchi e nuovi miti. Si accalora il governatore dopo un servizio mandato in onda quasi a fine puntata sui reportage da Cuba che hanno scaraventato Liberazione nel calderone delle polemiche anche con il Prc. «E' grottesco passare dal mito dell'ex Unione Sovietica a miti miniaturizzati». E le proteste dei filocubani davanti alla sede del quotidiano? Vendola le comprende: «Esprimono un bisogno di identità, in chiave nostalgica». Va trovata la chiave dell'innovazione perché c'è una cosa sulla quale non è possibile soprassedere: «La sacralità della vita umana, di ogni essere umano, anche dell'avversario». E c'è anche da imparare dalla «civiltà liberale» che ha prodotto «valori di libertà: la libertà personale». Battaglia annuisce, ma lo fa anche uno di pesante storia comunista come l'81enne Cossutta. «Giordano è di sinistra, Pecoraro è di sinistra, Diliberto a modo suo è pure di sinistra, lo è Mussi, ma non sono "la sinistra" - dice l'ex Pdci - bisogna fare la sinistra unita, rinnovata, che includa, dobbiamo farla, anzi dovete: io sono vecchio, ma senza la falce e martello la mia identità non si sente mortificata». Le categorie del'900 Vendola le rovescia. Sentite questa: «Berlusconi è l'ultimo tra i leninisti in Italia, un bolscevico, nel senso di minoranza, capace di trasformare una cocente sconfitta», come quella subita dopo il fallimento dei tentativi di spallata al governo Prodi in Senato,«in un "ricominciamo"». Che dire? «Un geniaccio». Altro colpo di teatro: «Lo trovo anche persona intelligente e gradevole», dice Vendola dell'ex premier. E continua a "rovesciare", facendo le pulci a sinistra: «Il vero veleno è il berlusconismo che è penetrato anche nelle case della sinistra ed è molto più vasto del popolo delle Libertà».
Si parli di sinistra, si parli di noi. E basta con la dicotomia tra il «chiacchiericcio governista e quello dell'opposizione a tutti i
costi». Il governo «non è né totem da venerare, né tabù». Con la solita cortesia, il governatore Vendola zittisce Lerner sul tema. «Mi piace stare al governo nella misura in cui sono costretto a conoscere, che è pasolinianamente doloroso ma è il principio fondante per il cambiamento». Ma attenzione: ci sono «due nemici del governare bene: il radicalismo senza politica, il riformismo senza progetto». Le parole denudano i significati, ne ridirigonó il senso. Vendola rovescia ancora. «Il riformismo senza progetto è esibire una bandierina astratta, senza contenuti». Il Pd, si potrebbe pensare. «Il radicalismo senza politica riguarda noi: si verifica quando prevale il riposizionamento ideologico sulla ricerca di soluzione ai problemi».
Di fronte abbiamo la «decadenza», parola che davvero ' mette d'accordo tutti in studio, persino Geminello Alvi, il più cattivo con l'ospite d'onore pugliese, senza però trovare argini negli altri presenti sopratttutto quando accusa la sinistra di «occuparsi poco di redistribuzione del reddito». Sarà. Vendola evita la polemica, vola alto rispetto a chi spinge il dibattito sugli orizzonti della cronaca politica più stretta. Parla di «crisi della politica» che è «crisi della società», ammaccata dai «mutamenti nel mondo del lavoro, della famiglia, della condizione urbana». Per tutto il '900 il lavoro ha lottato per «emanciparsi da condizione di merce», approdando ad una condizione «sociale, collettiva, ora frantumata». La famiglia ha espunto da sé «i nonni, manca del dialogo tra le generazioni, manca della memoria». Una volta, la periferia era «il contorno della comunità, oggi è il grosso dell'abitare, è alienazione, non c'è la comunità, è difficile farvi politica». Vendola individua una «deriva corporativa» nella società. Disgregazione, acuita da quellepolitiche securitarie che fanno parlare il «basso ventre» della gente, che legittimano il «giusuzialismo spietato verso il "povero cristo", il rom», a fronte del garantismo tipico italiano verso il «potente». Va detta la verità che rende «liberi dal peccato», dice il cattolico, comunista Vendola. Va costruito un «argine contro la deriva, anche a rischio di perdere voti». Va costruito un processo, con una massima apertura che metta nel conto la rotta in mare aperto. Va proseguito il processo avviato da Rifondazione e «quando il processo è autentico, non si può predefinirne l'esito», risponde Vendola a Lerner che insiste nella legittima ricerca di notizie chiedendogli, negli ultimissimi minuti di trasmissione, se il Prc vada sciolto. «Non posso dire: "salverò l'identità del mio partito". Il processo è importante per far vivere il fascino della parola sinistra tra le giovani generazioni...».

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