E' da un anno che Mara Carfagna è oggetto di insistenti petegolezzi circa il suo rapporto con il "Cavalier cortese". Ecco come ha risposto ad un'intervista rilasciata al Corriere lo scorso anno.
Mara Carfagna: triste finire sul «New York Times» come presunta amante. Questa storia mi ha segnata.
(Angela Frenda - Il Corriere della Sera) Onorevole Carfagna, da dove si può partire? Forse da quella sua foto apparsa in prima pagina sul New York Times: lei che sorride in Aula accanto a Silvio Berlusconi.
«Quella foto... Già. Una cosa che può anche far piacere. Tutti sognano di essere citati un giorno dal New York Times, magari per un provvedimento di legge. E invece è triste finirci per una robetta di piccolo cabotaggio. Finirci perché è scattata la caccia all'amante del politico famoso. E tu sei giovane, carina, come aggravante vieni dal mondo dello spettacolo, e quindi sei liquidata come "valletta". E in quella parola c'è tutto il pregiudizio italiano sulle donne di spettacolo. Per loro esiste la presunzione di colpevolezza: dimostrare ogni volta di essere serie. Di non essere donne facili».
Mara Carfagna, alle interviste a tutta pagina, finora ha preferito il silenzio. «Per carattere», spiega lei. E perché nel pieno della polemica, periodo «in cui sui giornali era un fiorire di foto scosciate», la deputata di Forza Italia, 31 anni compiuti lo scorso dicembre, aveva un solo obiettivo: «Resistere al polverone. Ma ora ho deciso di parlare perché ho incrociato troppi sguardi misti di morbosità e disapprovazione».
Come sono stati i giorni successivi alla lettera di Veronica Lario a Repubblica?
«Complicati. E tristi. È triste essere attaccata perché sei carina e fai politica per il Polo».
Eppure ha fatto tv...
«Lo so, si fa fatica a credere che non ami i riflettori. Ma è la verità. Sono finita mio malgrado sui giornali. Per una battuta galante...».
«Se non fossi già sposato la sposerei subito»: glielo ha detto Silvio Berlusconi.
«Sì, una battuta galante, da un uomo galante. Punto. Lui è una persona gentile. Lo stimo immensamente. È buonissimo, e non riesce a sottrarsi dall'aiutare qualcuno. Su quella battuta, però, i giornali ci hanno ricamato amplificandola».
E lei è finita nella top ten delle presunte amanti del Cavaliere.
«Alle donne, in politica, sono cose che capitano. Io, però, ho scelto il silenzio».
Non tutti come lei: Michela Brambilla ha rilasciato sul tema un'intervista a tutta pagina a La Stampa.
«Per fortuna non siamo tutte uguali. In quei giorni, però, ho pensato che i giornali davano ai lettori ciò che i lettori chiedevano: pettegolezzi».
Solidarietà?
«Tanta, anche nel mio partito. Certo, quella storia ha scombussolato il mio lavoro. Ma fa nulla, mi rimbocco le maniche e vado dritta per la mia strada».
La sua famiglia cosa le ha detto?
«A mio padre ha dato fastidio, ma si è limitato a dirmi: "Basta conoscerti per smontare qualunque pettegolezzo". Sa, la mia è una famiglia meridionale tradizionale e anticomunista da generazioni. Mio padre non voleva che entrassi nel mondo dello spettacolo. Ho avuto un'educazione rigidissima: scuola di danza, conservatorio fino all'ottavo anno, inglese... E anche in tv, ho sempre fatto scelte fuori dagli schemi».
Ad esempio?
«Sì alla Domenica del villaggio e no a Controcampo: stare sullo sgabello per tre ore con le gambe accavallate proprio non mi andava».
Perché poi è entrata in politica?
«Mi ha convinto mio padre. E ho deciso dopo mesi di riflessione sofferta: temevo di non essere presa sul serio. All'inizio ho incontrato molte diffidenze, e sono entrata in punta di piedi. Lavorando con umiltà. Ora mi apprezzano in molti. Mi sto specializzando sui temi della famiglia, tanto che domani faccio un convegno a Roma. Perché io, quei pregiudizi, li voglio abbattere».
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